Assalti all'arma bianca e scontri. Tensione altissima in Israele

Abbas prova a sedare gli animi, ma continuano gli scontri con l'esercito e gli attacchi. La Mezzaluna rossa parla di decine di persone coinvolte

Soldati israeliani ricaricano i lacrimogeni durante una manifestazione a Betlemme
Soldati israeliani ricaricano i lacrimogeni durante una manifestazione a Betlemme

Resta alta la tensione a Gerusalemme, dove una persone è rimasta vittima di un nuovo attacco perpetrato da una donna palestinese.

Armata di un pugnale, ha colpito un uomo che passava alla Porta dei Leoni e che ha risposto aprendo il fuoco su di lei. La presunta attentatrice è una giovane diciottenne residente a Sur Baher, un quartiere di Gerusalemme Est. Fermata dagli agenti mentre tentava la fuga, sarebbe in condizioni gravi.

Un palestinese - secondo quanto dice l'esercito - è rimasto invece ucciso a Kiryat Gat, nel sud del Paese, raggiunto da colpi di arma da fuoco dopo avere cercato di rubare un fucile a un soldato che avrebbe anche accoltellato.

Gli episodi di oggi sono solo l'ultimo di una serie che segnala un'escalation nella già problematica situazione israelo-palestinese, che negli ultimi giorni è costata la vita a quattro israeliani. L'uccisione di due di essi, una coppia colpita mentre era a bordo di un'ambulanza con i figli - rimasti illesi - è stata rivendicata da un gruppo, le brigate Abdel Qader al-Husseini, affiliato con le brigate Martiri di al-Aqsa, braccio armato di Fatah.

Gli episodi di violenza arrivano dopo settimane in cui si sono susseguiti scontri che hanno coinvolto anche la zona della Spianata delle moschee, riaperta ieri sera alla preghiera dei fedeli. La violenza in quello che viene considerato il terzo luogo più santo dell'islam ha spinto a dichiarazioni preoccupate i leader di Paesi a maggioranza musulmana.

Questa mattina nuove misure hanno portato alla chiusura della Porta di Damasco, uno degli accessi alla Spianata, che è stata evacuata nell'ambito di misure straordinarie imposte dalla polizia, che presidia la zona in forze.

Israele ha demolito pochi giorni fa le case di Ghassan Abu Jamal e Mohammed Jaabis, responsabili di attentati avvenuti nel 2014, uno a un autobus e uno in sinagoga, entrambi a Gerusalemme.

Due ragazzi, uno di 12 e uno di 18 anni, del campo profughi di Aida e di Tulkarem, sono rimasti uccisi in scontri con le truppe israeliane, mentre la Mezzaluna rossa parla di decine di palestinesi coinvolti e feriti nei disordini in atto in tutta la Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

Misure straordinarie e accuse

Se il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, promette di riportare la sicurezza e tra le altre misure pensa a installare telecamere in tutti i territori, l'opposizione laburista guidata da Isaac Herzog è di tutt'altro avviso e accusa il governo di stare "fallendo miseramente sulla sicurezza", con decisioni che portano solo "al proseguimento della situazione attuale". Il primo ministro ha nel frattempo cancellato un summit con i tedeschi a Berlino.

Quanto la tensione sia alta lo si capisce guardando alle dichiarazioni del Jihad islamico, che minaccia di lanciare una campagna di attacchi suicidi contro Israele, mentre il presidente palestine Mahmud Abbas prova a smorzare gli animi, dicendosi a favore di "una lotta popolare non violenta" e contro il "ricorso alle armi", ma criticando anche le operazioni israeliane a Gerusalemme Est e le demolizioni: "Serviranno solo a far crescere l’odio".

Parole molte critiche da Abu Mazen erano arrivate, la scorsa settimana, dal discorso alle Nazioni Unite, riunite per l'Assemblea generale.

Il presidente palestinese aveva detto in quell'occasione di non ritenersi più legato agli Accordi di Oslo, firmati da Rabin e Arafat nel 1993, accusando Israele di violare i patti e scardinando un tassello fondamentale alla base di anni di trattative per la pace.

@ACortellari

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