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"C'erano stranieri". La verità sull'attacco alla base militare vicino Leopoli

All'interno del centro da anni era presente personale della Nato e lavoravano anche istruttori stranieri. Agli occhi di Mosca la base costituiva un obiettivo sensibile

"C'erano stranieri". La verità sull'attacco alla base militare vicino Leopoli

Guardando una semplice cartina ci si può già accorgere come il centro militare colpito dai russi questa notte poteva essere considerato il “luogo perfetto” per nascondere le armi occidentali. Yavoriv, questo il nome della località dell'oblast di Leopoli che ospita la base, è più vicina al confine con la Polonia che al centro di Leopoli.

Da qui poi passa la E40, l'autostrada che costituisce il principale corridoio tra l'Ucraina occidentale e Kiev. Uno dei posti principali di frontiera con il territorio polacco si trova a non più di venti minuti di auto. In poche parole, se i russi dovevano pensare a una base potenzialmente usufruibile dagli ucraini come hub dove stoccare le armi ricevute dall'Europa, i mirini non potevano non puntare su Yavoriv.

E così il centro militare è stato preso pesantemente bersagliato. Quando mancavano poche ore all'alba, le sirene di allarme aereo hanno iniziato a suonare al centro di Leopoli. Per i cittadini di questa città oramai non è più una novità. Le regioni occidentali dell'Ucraina per il momento sono state risparmiate dal conflitto, ma da tre notti a questa parte le sirene si sentono anche da queste parti, al pari del rumore delle esplosioni che coinvolgono basi militari e aeroporti.

Le esplosioni sul centro militare di Yavoriv le hanno avvertite stavolta anche al di là del confine polacco. Molti in Polonia potrebbero essere stati svegliati dai rumori di una battaglia che questa notte si è avvicinata e di molto verso il territorio europeo. Anche perché i missili piovuti sulla base sono stati ben trenta e non otto come detto inizialmente. L'intenzione da parte di Mosca era quindi quella di distruggere il sito. I danni infatti potrebbero essere stati ingenti. A dimostrarlo l'elevato numero di vittime, ben nove, e di feriti.

Con l'aumentare degli annunci da parte europea di invio di armi all'Ucraina, probabilmente da queste parti il raid se lo aspettavano. È dal 2015 che Yavoriv funge da hub per gli aiuti militari internazionali all'Ucraina. Qui non solo sono arrivate armi, ma dopo le rivolte di piazza Maidan e l'inizio della guerra in Donbass sono arrivati militari, esperti e specialisti stranieri per addestrare l'esercito di Kiev.

Non a caso la base veniva chiamata “Centro per il mantenimento della pace e della sicurezza”. Al suo interno si sono alternati britannici, statunitensi e soldati di altri Paesi della Nato. L'Alleanza Atlantica a Yavoriv ha svolto in passato anche delle esercitazioni. Difficile stabilire se per davvero nel centro c'erano stanotte armi appena arrivate dalla Polonia. Così come è impossibile dire se era presente o meno del personale straniero. Del resto Washington e Londra hanno evacuato i propri uomini stanziati in Ucraina pochi giorni prima lo scoppio del conflitto.

Ma di certo i russi hanno voluto dare due segnali ben precisi. Il primo è che ogni luogo sospettato di essere un centro destinato ai rifornimenti di armi a favore di Kiev può essere colpito in qualsiasi momento. Il secondo è che l'Ucraina occidentale non è immune dalla guerra. Forse i soldati di Mosca non metteranno qui gli scarponi, ma il Cremlino è comunque nelle condizioni di bombardare obiettivi militari sensibili. L'Europa e la Nato cioè non devono considerare Leopoli come zona franca.

Intanto da Kiev non sono mancate le reazioni al bombardamento di questa notte. “Questo è un nuovo attacco terroristico sulla pace e la sicurezza vicina al confine con Ue e Nato – ha dichiarato il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov – Lì lavorano anche istruttori stranieri.

Serve agire per mettere fine a questo. Chiudete i cieli!” É stata quindi nuovamente evocata la no fly zone, quella che l'Ucraina chiede da giorni ma che, con altrettanta insistenza, la Nato ha dichiarato fuori dai propri schemi.

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