La distruzione di Daesh (l'Isis) è l'assoluta priorità». L'affermazione forte e netta di Matteo Renzi, del 10 dicembre, è sembrata rappresentare una svolta nella strategia dell'Italia per sconfiggere il terrorismo islamico globalizzato. Renzi è sembrato un capo di governo autorevole e responsabile, capace di assumere delle scelte coraggiose, mentre «Daesh sta tentando di conquistare più spazio in Libia, regione cui siamo più legati, con ferocia e cinismo». I fatti degli ultimi giorni evidenziano che la Libia è stata eletta a nuova roccaforte dell'Isis, con il possibile trasferimento del «califfo» Al Baghdadi a Sirte, a soli 300 km. dalla nostra frontiera meridionale, mentre per l'ennesima volta rilanciano la dichiarazione di guerra all'Italia: «Roma è la battaglia finale prima del giorno del giudizio». Renzi è risultato in sintonia con quanto ha affermato, proprio nello stesso giorno, il capo del Pentagono Ash Carter: «La realtà è che siamo in guerra». Così è apparso come un ravvedimento rispetto al suo monito di non usare la parola «guerra», subito dopo che il presidente francese Hollande aveva detto «siamo in guerra» la sera del 13 novembre, giorno delle stragi che hanno insanguinato Parigi. Per questo il 25 novembre Renzi è stato bacchettato dal suo omologo francese Manuel Valls: «Rifiutare di usare la parola guerra, è una forma di negazione della realtà. L'Italia è minacciata dal terrorismo vista la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo». Secondo Valls «siamo in guerra, dobbiamo imparare a convivere con una minaccia permanente. Combatteremo, e alla fine vinceremo». Purtroppo per noi italiani Renzi non è né autorevole né responsabile né in grado di assumere delle scelte coraggiose. Innanzitutto quella che avrebbe potuto apparire come una svolta nella strategia per sconfiggere il terrorismo islamico, l'ha annunciata inaugurando a Roma la «Conferenza per il dialogo mediterraneo».
Renzi ha ripetuto delle frasi fatte che si ripetono da decenni, nonostante l'esito assolutamente fallimentare del «dialogo» tra l'Europa e gli stati islamici a sud e a est del Mediterraneo: «Il Mediterraneo è un'area straordinaria che può aiutare a costruire un nuovo ordine e una nuova idea di prosperità tra i popoli. Non c'è alternativa alla cooperazione di tutti i popoli del Mediterraneo e del Medio Oriente e di tutte le fedi religiose e le estrazioni culturali». In una fase dove l'Italia, al pari della Francia, dovrebbe proclamare lo stato d'emergenza, bloccare le frontiere, imporre controlli severissimi per l'ingresso degli stranieri, Renzi ha detto esattamente l'opposto, reiterando la scelta suicida di spalancare le frontiere per continuare ad accogliere indiscriminatamente centinaia di migliaia di clandestini, selezionati dai terroristi islamici che dal 2011 controllano le coste libiche: «Mai chiedere all'Italia di rinunciare a quello che è. Anche se dovesse costarci perdere dei voti non smetteremo mai, continueremo a salvare vite umane nel Mediterraneo, anche prendendo critiche e insulti». In definitiva il capo del governo che gli italiani non hanno eletto, ha evocato la guerra ma a condizione che siano altri a combatterla. A cominciare dai libici stessi che, dal suo punto di vista, potrebbero formare una coalizione anti-Isis, esprimendo la «disponibilità dell'Italia a guidare una missione di assistenza e formazione a supporto del futuro governo libico». Quanto all'eventuale impegno militare dell'Italia, Renzi ha detto che «la collaborazione internazionale va ulteriormente sviluppata: Europa e Usa condividono con Mosca l'esigenza di combattere Daesh ma serve una soluzione di respiro strategico e non last minute».
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