I tagliagole a un passo da noi: "Preso l'aeroporto di Tripoli"

Gli islamisti alleati "dell'emirato musulmano" di Bengasi assaltano lo scalo a due ore di volo da Roma. Nella notte furiosi combattimenti

I tagliagole a un passo da noi: "Preso l'aeroporto di Tripoli"

Le milizie islamiste alleate dei seguaci del Califfato avrebbero ormai conquistato l'aeroporto internazionale di Tripoli a sole due ore di volo da Roma. I combattenti di Misurata appoggiati dai militanti di Shuk al Juma, un quartiere di Tripoli, sono entrati nel terminal passeggeri e ieri sera hanno annunciato di avere il pieno controllo dello scalo. Ma la battaglia è durissima ed è proseguita nella notte, il boato delle cannonate scuote la capitale. Gli islamisti tengono le posizioni nonostante le bombe sganciate dai cacciabombardieri.

Dopo oltre un mese di combattimenti e 400 morti la coalizione dell'Operazione Alba potrebbe avere la meglio sulle forze più laiche e filo occidentali guidate a Tripoli dalla milizia di Zintan. Il problema non è tanto il controllo dell'aeroporto ridotto oramai ad un cumulo di macerie, ma il valore simbolico e politico di una vittoria della compagine islamista nella capitale libica. La coalizione Operazione Alba è formata dai «Rivoluzionari libici della centrale operativa» comandati dall'islamista Nouri Abusahmain e dalla potente milizia di Misurata appoggiata dai Fratelli musulmani. Anche il consiglio rivoluzionario di Tarhuna, storica roccaforte anti Gheddafi, si è schierata con gli islamisti.

Nell'ovest del paese, a Bengasi, capoluogo della Cirenaica gli alleati dell'Operazione Alba di Tripoli sono le formazioni jihadiste come Ansar al Sharia, Brigata dei martiri 17 febbraio e Scudo libico, che sventolano le bandiere nere del Califfato. Il 30 luglio i leader di Ansar al Sharia hanno proclamato a Bengasi la formazione dell'«emirato islamico». E ora i loro alleati a Tripoli stanno conquistando l'aeroporto della capitale a un passo dall'Italia.

Due raid aerei nella giornata di ieri hanno ucciso 20 miliziani islamisti e colpito anche il ministero dell'Interno in mano alla coalizione Alba. Gli attacchi dal cielo sono stati rivendicati dal generale Khalifa Haftar, che combatte da mesi a Bengasi contro le forze jihadiste ispirate dal Califfato. L'ufficiale è alleato con la milizia di Zintan, che cerca di tenere l'aeroporto di Tripoli, nella coalizione nazional liberale e filo occidentale della Dignità. Haftar è appoggiato dall'Egitto. Non è chiaro se i caccia che bombardano Tripoli siano pilotati dai suoi uomini o decollino dalle basi del Cairo o addirittura dall'Algeria.

Nell'ennesima giornata di caos il parlamento libico, che si riunisce a Tobruk per motivi di sicurezza, ha silurato il ministro della Difesa, accusato ai aver lasciato passare armi alle milizie. Il capo di stato maggiore Abdulati al Obeidi, aveva ammesso che le inefficaci forze armate sono «sull'orlo del collasso». Anche lui sarebbe stato destituito.

Alle porte di casa sta sorgendo una nuova Somalia. L'Italia si rende conto del pericolo ed è pronta ad un intervento internazionale sotto il capello dell'Onu e con il grosso delle truppe dell'Unione africana. Non è escluso l'impiego di uno dei Battle group europei composto anche da italiani. Una specie di forza di reazione rapida di 4500 uomini creata nel 2007 per missioni internazionali, ma fino ad ora mai utilizzata.

Per imporre un cessate il fuoco sarebbe necessaria una campagna aerea mirata, che coinvolgerebbe i paesi dell'Alleanza atlantica. Se ne parlerà nei dettagli al vertice della Nato a Newport del 4-5 settembre, ma forse sarà troppo tardi.

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