Il Papa andrà in Kazakistan, ecco perché conta

Il Papa ha scelto: il luogo del suo 38esimo viaggio apostolico sarà il Kazakistan. In occasione della settima edizione del Congresso dei leader delle religioni tradizionali e mondiali. Un viaggio attesissimo, nel solco di Giovanni Paolo II e nel quadro della Terza guerra mondiale a pezzi.

Il Papa andrà in Kazakistan, ecco perché conta

Tutto aveva avuto inizio nel febbraio 2021, quando l'ambasciatore del Kazakistan presso la Santa Sede, Alibek Bakayev, aveva espresso ai microfoni dell'Eternal World Television Network un desiderio: vedere Jorge Mario Bergoglio a Nur-Sultan, che quell'anno avrebbe dovuto ospitare la settima edizione del Congresso dei leader delle religioni tradizionali e mondiali.

L'evento era poi saltato, causa pandemia, ma il desiderio espresso da Bakayev no. Era rimasto nell'aria, sopravvivendo all'incedere della pandemia, alla crisi di inizio 2022. Ed è divenuto realtà: la Santa Sede ha appena comunicato che il Papa sarà ospite speciale del Congresso, che trasformerà Nur-Sultan nel centro del mondo fra il 13 e il 15 settembre.

Il Papa in Kazakistan

Papa Francesco sarà il grande ospite d'onore della settima edizione dell'evento ecumenico più importante del mondo, il Congresso dei leader delle religioni tradizionali e mondiali, che avrà luogo a Nur-Sultan il prossimo settembre. A confermarlo, il primo agosto, è stata la Sala stampa vaticana.

Tema centrale dell'evento sarà "il ruolo dei leader delle religioni tradizionali e mondiali nello sviluppo sociospirituale dell'umanità nel periodo postpandemico", ma l'erede di Pietro non si limiterà a parlare dell'importanza della fede e delle chiese organizzate per il benessere mentale dell'individuo e delle società.

Alla luce del contesto internazionale, vedasi la guerra in Ucraina, il pontefice dovrebbe profittare del microfono e del palco garantitigli per invocare la pace e reiterare, ancora una volta, il rifiuto cattolico alla strumentalizzazione della religione per fini bellici – un riferimento, neanche tanto velato, al Patriarcato di Mosca che, sotto l'egida di Cirillo, ha sposato l'operazione militare speciale del Cremlino.

Il Papa a Nur-Sultan, con obiettivo Mosca

Nur-Sultan come centro del mondo per un giorno. Nur-Sultan come sede di una L'Avana 2.0, cioè di una nuova bilaterale tra due dei più importanti pastori del gregge cristiano, Francesco e Cirillo, ieri uniti dalla crociata contro il modello di mondo rappresentato dall'Occidente – ateismo, post-cristianesimo, imperialismo, ipercapitalismo, materialismo – e oggi divisi dalla guerra in Ucraina.

Francesco e Cirillo sono dei patrocinatori della causa multipolare, dei lungimiranti coltivatori di anime che vedono nel Sud globale la risposta ai problemi affrontati dalle chiese che rappresentano – senili, sterili, bisognose di una riforma integrale, sebbene su scale diverse –, ma la storia recente ha (di)mostrato che non sono sulla stessa linea d'onda su tutto. Condividono il fine, ma divergono sui modi. Il primo è un fautore del concerto e del dialogo, sempre e comunque. Il secondo, come palesato dalla guerra in Ucraina, dipende dal Cremlino ed è pronto a utilizzare la Bibbia per (provare a) trovare dei fondamenti teologici – bellum iustum – a delle operazioni militari.

Non sarà la scellerata decisione di Vladimir Putin, ad ogni modo, a impedire alla storia di fare il suo corso. Il Papa, nel solco del Concilio Vaticano II, è alla ricerca di riconciliazione coi fratelli orientali e, in esteso, di un patto per l'umanità con le grandi religioni abramitiche (e non solo). L'Ucraina, in questo contesto, potrebbe rappresentare più un'opportunità che una sfida: la coreanizzazione del paese spiana la strada ad una spartizione georeligiosa tra un ovest europeo e cattolico, dove la Caritas ha già messo in moto una macchina di aiuto industriale, ed un est russofilo e ortodosso, parrocchia naturale del Patriarcato di Mosca. E Nur-Sultan, qualora i due capi cristiani dovessero incontrarsi, potrebbe fungere da piattaforma ideale per consacrare questa divisione.

L'importanza dell'evento

Il Kazakistan ha lavorato, sin dall'indipendenza dall'Unione Sovietica, alla costruzione di uno status di potenza civile in grado di competere coi grandi giocatori del sistema internazionale. Un obiettivo perseguito dentro e fuori le organizzazioni internazionali, in particolare le Nazioni Unite, che ha trasformato Nur-Sultan nel cuore pulsante del movimento mondiale contro il nucleare, in un alfiere della multivettorialità e nella centrale elettrica dell'ecumenismo. Il ritorno dell'investimento non è economico, ma diplomatico: l'aspettativa è che le grandi potenze guardino al Kazakistan come ad un paciere e a un pontiere al quale rivolgersi in caso di necessità.

Il Congresso dei leader delle religioni tradizionali e mondiali è l'espressione più iconica dell'agenda globale del Kazakistan. Un evento che contiene e irradia una quantità straordinaria di potere morbido, in quanto unico al mondo e organizzato con il beneplacito del Vaticano, e al quale il tempo ha dato ragione: nell'epoca dello scontro tra civiltà in agguato, occorrono incontri (coraggiosi) di questo genere.

L'incontro, plasmato dallo spirito di Assisi, è servito e serve ai capi delle principali religioni del pianeta per incontrarsi, discutere di come e dove cooperare, parlare di come curare le ferite provocate dalla politica. Un momento di riflessione nel mezzo dell'anarchia distruttiva delle relazioni internazionali. Un momento più che mai importante: ieri nato per evitare che gli attentati dell'11 settembre 2001 traghettassero l'umanità in una distopica e huntingtoniana guerra mondiale tra civiltà, oggi chiamato ad impedire che le grandi potenze coinvolgano le religioni nella Terza guerra mondiale a pezzi. Con il Kazakistan nel ruolo di osservatore partecipante e, magari, di facilitatore del dialogo.

Il Congresso, in sintesi

Il Congresso dei leader delle religioni tradizionali e mondiali nasce nel 2003, su volere dell'allora presidente Nursultan Nazarbaev e su ispirazione di Giovanni Paolo II, che due anni prima, rivolgendosi alla gioventù kazaka in Piazza dell'Indipendenza, aveva invitato musulmani e cristiani a costruire una “civiltà basata sull'amore” e a fare del Kazakistan, “un Paese nobile, senza confini [...] e aperto all'incontro e al dialogo”, la centrale elettrica dell'ecumenismo religioso e del dialogo interculturale.

L'influenza del papa polacco nella materializzazione del principale appuntamento ecumenico del pianeta è stata tale che la prima edizione, eloquentemente, è stata organizzata in coincidenza con il secondo anniversario del suo viaggio apostolico. Da allora, dal 2003, il Congresso si è tenuto regolarmente ogni tre anni, con la singola eccezione della Settima edizione – rimandata di un anno a causa della pandemia –, e dal 2006 si riunisce nel faraonico Palazzo della Pace e della Riconciliazione.

Lungi dall'essere un evento plateale nella forma e vuoto nella sostanza, il Congresso ha funto da catalizzatore del dialogo tra fedi e culture sin dalla prima edizione, servendo da piattaforma di discussione, di risoluzione delle controversie e di produttore di idee, iniziative e documenti programmatici.

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