Scintille tra Netanyahu e Obama. Ma per il premier israeliano "l'alleanza è forte"

Il premier israeliano parla al Congresso Usa, su invito dei repubblicani. Obama: "Sull'Iran Netanyahu finora si è sbagliato"

Scintille tra Netanyahu e Obama. Ma per il premier israeliano "l'alleanza è forte"

Prima dell’intesa ad interim nel 2013 "Netanyahu ha fatto ogni sorta di rivendicazione. Ha detto che sarebbe stato un accordo terribile, che avrebbe portato all’Iran un alleggerimento da 50 miliardi di dollari, che l’Iran non avrebbe rispettato l’accordo. Niente di questo si è avverato", ha detto Barack Obama in un’intervista alla Reuters.

Benjamin Netanyahu ha sfidato il protocollo accogliendo un invito del Congresso Usa, senza informare prima la Casa Bianca (cosa che di solito un capo di governo fa). Negli Stati Uniti ci sono state fortissime polemiche, poi alla fine passate in sordina. Ora all'ordine del giorno c'è la sostanza, e questa è rappresentata dalle parole che Netanyahu pronuncerà domani a Capitol Hill. Un primo antipasto c'è stato oggi al congresso annuale dell'Aipac, la principale organizzazione degli ebrei americani. Il premier israeliano ha fatto alcune anticipazioni del suo atteso discorso di domani: ;"Il potenziale accordo sul nucleare iraniano minaccia la sopravvivenza di Israele". E ancora: "L'Iran minaccia di distruggere Israele, divide i Paesi del Medioriente, appoggia il terrorismo e sta sviluppando, mentre parliamo, la tecnologia per costruire armi nucleari . E ha definito un obbligo morale denunciare la minaccia che l'accordo potrebbe rappresentare. Netanyahu ha voluto poi chiarire che il discorso al Congresso, a cui è stato invitato dallo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, non è destinato "a mostrare mancanza di rispetto né al presidente, né alla presidenza americana". Oltre a Netanyahu all'incontro Aipac partecipano due pezzi grossi dell'amministrazione Obama: il consigliere per la Sicurezza Nazionale Susan Rice e l’ambasciatore presso le Nazioni Unite Samantha Powers. Sia la Rice che la Powers difendono l’obiettivo della Casa Bianca di raggiungere un accordo sul nucleare con Teheran.

Il discorso del premier israeliano al Congresso Usa sta creando sempre più imbarazzo nel partito democratico (per cui vota la maggioranza degli ebrei americani). Intanto si apprende che saranno una trentina, fra cui una mezza dozzina di ebrei, i parlamentari che domani lo boicotteranno. Netanyahu considera l’accordo sul nucleare iraniano, nella forma che si sta delineando, pericoloso per la sicurezza internazionale e di Israele. E ieri, prima di partire, ha definito il suo viaggio negli Usa "una missione storica" a nome "degli israeliani, anche quelli che non sono d’accordo con me, e di tutto il popolo ebraico". Netanyahu "non parla a nome mio", ha risposto a stretto giro di posta sulla Cnn la senatrice democratica Dianne Feinstein (ebrea), "penso che la comunità ebraica sia come tutte le altre. Al suo interno vi sono diversi punti di vista. Penso che questa arroganza non faccia bene a Israele".

Anche in Israele non tutti sono d'accordo con la mossa di Netanyahu, malgrado sia fortissima la preoccupazione per la minaccia nucleare iraniana. Ieri, come riferisce il Washington Post, un gruppo di 180 generali ed esponenti dell’intelligence israeliana, tutti a riposo, ha avvertito Netanyahu che lo sgarbo fatto a Obama rischia di essere controproducente, danneggiando i rapporti a livello militare e dei servizi e facendo, così, il gioco dell’Iran.

Obama ha già fatto sapere che non riceverà Netanyahu, considerando inopportuno un simile incontro a due settimane dalle elezioni in Israele. Il vice presidente Joe Biden, che è anche presidente del Senato, boicotterà il discorso. Non sono previsti incontri nemmeno con il segretario di Stato John Kerry, che è a Ginevra per le trattative sul nucleare iraniano.

E proprio oggi Kerry ha approfittato della sua presenza nella città svizzera per intervenire in favore d’Israele al Consiglio diritti umani dell’Onu. Un modo per far vedere che il "gelo" è solo con Netanyahu, non con il suo Paese.

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