Il ritorno al lavoro dopo il passaggio del coronavirus potrebbe causare una "seconda ondata" di infezioni. A sostenerlo è un rapporto, pubblicato dall'Imperial college di Londra, sui potenziali pericoli che potrebbero sorgere una volta terminata l'emergenza.
Infatti, scrivono gli studiosi, "le esperienze in Cina e ora in Corea del Sud dimostrano che la soppressione è possibile a breve termine, resta da vedere se sia possibile a lungo termine e se i costi sociali ed economici degli interventi finora adottati possano essere ridotti". In Cina si sta gradualmente tornando alla normalità e, come specifica Zhou Xiaoming, ex vice rappresentante permanente della missione cinese presso l'ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, "a poco a poco le fabbriche" torneranno a lavorare a pieno regime, il che dovrebbe "al minimo l'impatto del virus sulle catene di approvvigionamento globali". A Shanghai e negli altri centri produttivi del Paese, "oltre il 90% dei produttori è attivo e funzionante" e le fabbriche sono state riaperte.
Ma, secondo quanto ha dichiarato Heiwai Tang dell'Università di Hong Kong, "con milioni di lavoratori che tornano alle fabbriche, stanno nelle caffetterie e nelle mense e dormono nei dormitori comuni, il rischio di una seconda ondata di infezioni potrebbe essere notevole". Nel rapporto dell'Imperial college, infatti, viene consigliato il mantenimento delle misure di contenimento anche dopo il passaggio dell'ondata da Covid-19.
"Nel Regno Unito e negli Stati Uniti, il controllo richiederà una combinazione di distanziamento sociale dell'intera popolazione, isolamento dei casi a domicilio e quarantena dei loro familiari" e, secondo quanto viene ipotizzato nello studio, "questo potrebbe dover essere integrato da chiusure di scuole e università". Ma la sfida principale arriverà dopo l'emergenza: "Questo pacchetto di intervento intensivo dovrà essere mantenuto fino a quando non sarà disponibile un vaccino, potenzialmente in 18 mesi o più, dato che si prevede che la trasmissione riprenderà rapidamente se gli interventi saranno rilassati".
Secondo quanto riferisce Nova, Cao Wei, vicedirettore del Reparto malattie infettive dell'ospedale del Peking Union Medical College, sostiene che "un secondo focolaio domestico in Cina non è una grande preoccupazione per misure di prevenzione e controllo così forti".
Nel mondo sono quasi
190mila le persone infettate e il totale delle vittime per Covid-19 ha superato i 7.500 decessi. In Cina, sono state infettate circa 90mila persone, mentre in Italia, Francia e Spagna si registrano i peggiori focolai europei.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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