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Sahar, Hamid e gli altri: i drammi degli immigrati colpiti dal bando

L'ordine esecutivo firmato venerdì dal presidente degli Stati Uniti vieta l'ingresso a tutti i siriani fino a nuovo ordine e per 90 giorni ai cittadini di Iran, Iraq, Yemen, Somali, Sudan e Libia. Alcune storie che raccontano i drammi

Sahar, Hamid e gli altri: i drammi degli immigrati colpiti dal bando

Lo stop all'aeroporto o una notifica burocratica: è così che finisce il sogno americano. E l'ordine esecutivo blocca così decine e decine di uomini, donne e bambini.

A raccontare la vicenda è la storia di Fuad Sharef Suleyman, la moglie Arazoo Ibrahim e tre figli della coppia, una famiglia curda di Erbil (Kurdistan iracheno) diretta a Nashville (Tennessee) che è stata bloccata sabato al Cairo ed è stata costretta a rientrare in Iraq. Avevano già venduto la loro casa, i loro veicoli e gran parte dei loro beni, l'uomo aveva lasciato il suo impiego presso una ditta farmaceutica, la donna aveva lasciato il lavoro di maestra d'asilo e i tre figli, di età compresa tra 10 e 19 anni, erano stati ritirati dalle scuole che frequentavano. I Suleyman fanno parte di una famiglia curda accolta dalla città più di 30 anni fa e Jiyayi Suleyman è stato il primo curdo-americano registrato assunto al Nashville metropolitan police Department. I peshmerga curdi sono un alleato chiave degli Usa nella lotta all'Isis in Iraq e in Siria. "Trump ha distrutto la mia famiglia", ha commentato.

Sahar Algonaimi è invece una cittadina siriana che vive a Riad da più di 30 anni. Aveva programmato un viaggio negli Usa per visitare la madre 76enne in procinto di essere operata. Venerdì era partita dall'Arabia Saudita, ma quando sabato è atterrata a Chicago, e le è stato ritirato il passaporto, nonostante avesse mostrato una lettera dei medici in cui era indicata l'operazione a cui sarebbe stata sottoposta la madre. L'anziana donna è stata operata ma alla figlia non è stato concesso di raggiungerla.

Le storie i drammi continuano con Hamid Kargaran, 33 anni, iraniano con cittadinanza americana, uomo di successo, proprietario di una società di marketing che lavora con Google, insegna in due università a San Francisco. Sposato da due anni con una iraniana, Elaheh Iranfard, 28 anni, pittrice e studente alla San Francisco Academy Art. Alla donna è stato impedito di raggiungere la città californiana nonostante in possesso di una green card della durata di due anni. Era tornata in Iran per una breve visita alla famiglia, e ora le è stato negato il visto per tornare negli Usa. Il marito si è rivolto all'ufficio dogane, ricevendo tre risposte diverse da altrettanti impiegati, uno dei quali, ha raccontato, gli ha detto che "gli iraniani non sono nostri amici". Uno schock per un uomo che tra l'altro aveva partecipato alle manifestazioni in sostegno degli americani a Teheran dopo lgli attentati dell'11 settembre negli Usa.

E poi c'è Abdi Rizack, rifugiato somalo da 25 anni. Venerdì aveva ricevuto la comunicazione che aspettava da più di 20 anni: la sua richiesta di essere accolto negli Usa era stata accettata. Volo prenotato per il 6 febbraio per Columbus, Ohio, dove c'era già pronto ad attenderlo un documento dell'Organizzazione internazionale per i migranti (Oim). Ha appreso la notizia del decreto di Donald Trumpdalla tv nel campo profughi di Kakuma (Kenya), dove vive dal 2009, in una "casa fatta con bastoni di legno che sorreggono un telo di plastica". Abdi lasciò la Somalia nel 1992, all'età di 7 anni. Nella guerra civile aveva perso una zia, uno zio e la nonna.

Da quel momento ha trascorso tutta la vita nei campi profughi in Kenya.

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