Monti non cede: impossibile tagliare le tasse

nostro inviato a Bologna

Niente riduzione delle tasse a breve. Accelerazione della riforma sul lavoro. La crisi non è sconfitta, anzi ci insegue: però possiamo farcela da soli. Sono questi, in sintesi, alcuni dei temi toccati dal presidente del Consiglio, Mario Monti, nel corso della giornata iniziata con l’inaugurazione del nuovo Vodafone Village a Milano e proseguita a Bologna dove Eugenio Scalfari e Ezio Mauro l’hanno intervistato davanti al pubblico della «Repubblica delle idee». Bisogna continuare a tirare la cinghia. Ma un po’ di speranza c’è, anche sulla scia del pacchetto sviluppo e del piano di dismissioni del patrimonio pubblico che non poteva essere presentato prima «perché avrebbe trasmesso un messaggio sbagliato ai mercati».
Ora però, dice Monti, «abbiamo messo mano alle riforme per la crescita». Sbaglia chi ci ha visto un cambio di rotta. Il pacchetto per lo sviluppo era già previsto, ma gli effetti non si vedranno in pochi mesi. Perché «ci siamo spostati dall’orlo del precipizio, solo che il cratere della crisi si è allargato e ci sta inseguendo», aveva detto in mattinata ricorrendo a una metafora geologica.
Inseguito, dunque, dal crepaccio della recessione il premier è arrivato nel primo pomeriggio al festival di Repubblica per sprofondare nelle poltroncine bianche dell’Arena del Sole dove lo aspettavano Scalfari e Mauro. Qui, il feeling palesato qualche giorno fa quando, con una lettera al quotidiano aveva risposto alle critiche sui «poteri forti», secondo Scalfari annidati nel governo, ha trovato modo di consolidarsi. Lavoro, equità sociale, riduzione degli sprechi, futuro dell’euro erano gli argomenti sollecitati via web dai lettori. Tuttavia, la prima domanda è stata quella suggerita da Benigni nella serata inaugurale. Ce la farà l’Italia e cosa dice la Merkel? «La Merkel dice che l’Italia ce la fa. Ma l’Italia ce la farà non perché lo dice la Merkel», ha risposto il professore dosando le pause. Cioè, «ce la possiamo fare da soli, senza i soldi della Germania». Disposto a filosofeggiare, il premier ha detto anche che «le difficoltà per il futuro dell’Italia sono dovute al fatto che in passato ha pensato poco al proprio futuro. Ha avuto la vista corta, come diceva Padoa Schioppa. Ha privilegiato la gestione dell’emergenza».
Ottimista sul voto della Grecia dove si augura prevalga un voto favorevole al mantenimento di un rapporto saldo con l’Europa; convinto che la Germania dovrebbe essere orgogliosa di esportare «condizioni di stabilità»; contrario alla riproposizione di «pregiudizi tra comportamenti virtuosi e viziosi, tra Nord e Sud», Monti ha detto di vedere «spiragli per un’uscita dalla crisi in tempi ragionevoli». Certo, ha proseguito, «abbiamo chiesto agli italiani uno sforzo in più. Ma questo ci porterà a farcela da soli, con la cessione di una parte della sovranità decisa già dieci anni fa da Italia, Francia e altri Paesi europei. E non contro un asserito ragioniere del Nord dall’accento duro o sotto il tallone di una Trojka». Tuttavia, non bisogna mollare la presa, ha fatto capire Monti. «Mi si chiede di dare segnali di speranza, anche se non sono un tipo sorridente. Adesso ci attendono due settimane cruciali. Entro fine mese dobbiamo approvare la riforma del lavoro. Se arrivassimo al consiglio d’Europa del 28 giugno senza averla approvata, l’Italia perderebbe credibilità. Ma non è facile realizzare in sette mesi quello che non si è fatto in vent’anni. Coloro che ora osteggiano la riforma del lavoro, presto la rivaluteranno. Vorrei ricordare che questa è la seconda riforma a firma Fornero. La prima, quella delle pensioni è presa a modello a livello internazionale». È vero, gli ha chiesto Mauro, che nei giorni scorsi, a causa dei malintesi sul numero degli esodati, il ministro Fornero le ha presentato le dimissioni e che lei le ha rifiutate? «Non è vero. E se l’avesse fatto le avrei respinte. La questione degli esodati è assai complessa. Al ministro avevano parlato di 50mila persone, lei ha abbondato parlando di 65mila. Mi impegno ad effettuare al più presto una ricognizione quanto più precisa possibile dell’intera questione». Infine, sono arrivate le note dolenti.

Se la crisi non è ancora scongiurata «non posso promettere agli italiani una riduzione della pressione fiscale in tempi brevi. Ma l’intervento sui monopoli e le liberalizzazioni dovrebbe portare a un abbassamento delle tariffe dei servizi».
Già, Dovrebbe. Intanto, la crisi ci insegue. E le tasse pure.

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