Monti promette: nel 2013 mi ritiro

Il premier: "Spero di essere vivo, ma senza responsabilità". E sui giovani: "Abbandonino l’idea del posto fisso. È monotono"

Monti promette: nel 2013 mi ritiro

«Lo do per scontato». Se i retroscenisti in crisi di astinenza da governo politico si interrogano sul futuro di Super Mario (o non­no Mario, come da affettuosa lette­ra di un bambino pubblicata nel si­to del governo), il diretto interes­sato tiene a precisare che l’espe­rienza di Palazzo Chigi, per quan­to lo riguarda, ha una scadenza precisa: la primavera del 2013, cioè la fine della legislatura. Diffi­cile dire­se il premier sia veramen­te convinto o se abbia escluso il se­quel solo per dare l’esempio ai gio­vani, invitati ad essere disposti a cambiare lavoro il più possibile («che monotonia il posto fisso»). In ogni caso l’invito che il premier rivolge a tutti-prima in un’intervi­sta al Tg5 e poi alla trasmissione Matrix - è a distogliere l’attenzio­ne da questi temi. Non risponde nemmeno all domanda se, quan­do lascerà il governo, conserverà un ricordo positivo: «Solo se l’Ita­lia sarà in una posizione molto mi­gliore di oggi, ma penso che ce la faremo».

Le certezze del Presidente del consiglio sono due. Una è che il suo governo dipende dal consen­so dei partiti. «Non mi aspetto ap­poggio se faremo cose sbagliate. Mi aspetto che,da un giorno all’al­tro, saremo invitati ad andarcene e ovviamente lo faremo». A que­sto proposito ringrazia l’ex pre­mier Silvio Berlusconi che ieri ha confermato l’appoggio:«Sono co­se che possono rassicurare i mer­cati e gli osservatori esteri». I rap­porti li tiene più che altro con Alfa­no, ma «è ovvio che al mio prede­cessore sono molto riconoscente e lo ringrazio per il senso di re­sponsabilità ». Anche perché al leader del centrodestra deve le pri­me responsabilità politiche: «Se mi sono avvicinato alla cosa pub­blica è perché nel 1994 Berlusco­ni, appena nominato presidente del Consiglio, mi ha chiesto se vo­levo fare il commissario euro­peo ».

L’altra certezza di Monti è che le riforme sono necessarie e vitali per il Paese. Come le liberalizza­zioni.
Proprio ieri parte del provve­dimento appena licenziato da Pa­lazzo Chigi è stato bocciato dalla commissione Giustizia del Sena­to. Ma se su questo tema prevar­ranno le «resistenze corporative» la situazione del Paese «si deterio­rerà e andremo a sbattere. Allora sarebbe meglio che studiassimo il greco, non quello antico, ma quel­lo moderno». Quindi niente timi­dezze sulle liberalizzazioni. Sulle privatizzazioni, invece, calma e gesso: «Il governo non ha messo come priorità le privatizzazioni, anche perché nel passato si è stati costretti a privatizzazioni non sempre fatte nel modo migliore». Resta una «possibilità», niente più.

Molta attenzione ai temi del la­voro, anche perché oggi è in agen­da il secondo incontro governo­parti sociali sulla riforma. E il mes­saggio del premier è chiaro: fare in fretta («dialogo, ma in tempi euro­pei ») e niente pregiudizi da parte dei sindacati («l’articolo 18 non è un tabù. Può essere pernicioso per lo sviluppo dell’Italia e il futu­ro dei giovani in un certo contesto ma può essere abbastanza accet­tabile in un altro contesto »). Più in generale Monti dà per scontato che i giovani dovranno fare i conti con la flessibilità. E lo dice con pa­role che hanno già suscitato rea­zioni dure, soprattutto a sinistra: «I giovani devono abituarsi al fat­to che non avranno un posto fisso per tutta la vita.Tra l’altro,che mo­notonia il posto fisso. E meglio cambiare ma bisogna accettare le sfide».

Il governo tecnico non si occu­però di altri temi. In particolare quelli etici e la legge elettorale. «Ho opinioni personali, ma non considero questo tema parte del­la mia missione di governo».

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