Cè la pianura padana, la statale padana superiore e inferiore, il grana padano, ma la Padania esiste oppure no? È unarea nelle cartine geografiche o un luogo dello spirito? E soprattutto, quale delle due cose è più importante? Il dibattito impazza a Roma, grazie alliniziativa di Gianfranco Fini che ha negato lesistenza della regione tanto cara a Umberto Bossi e ai suoi, ma da ieri ha una sua importante succursale a Milano e in un luogo che più istituzionale non si può, qual è laula di Palazzo Marino.
Letizia Moratti sembra convinta che la Padania esista e che abbia anche una sua dignità politica («Milano non è in Campania»), cosa che rende felici i lumbard, a partire dal neo assessore al Turismo, Alessandro Morelli: lui la ritiene talmente importante da averla messa allinterno del suo primo discorso al consiglio comunale. Al centro dei suoi prossimi impegni, ha spiegato lerede di Massimiliano Orsatti al Turismo, sarà «la promozione dellidentità del territorio e delle radici padane di Milano».
Le parole di Morelli hanno scatenato un prevedibile dibattito sulla liceità dellaggettivo. Ma a chiudere la partita è stato proprio il sindaco: «Chi può negare che Milano abbia anche radici padane: non è certo una città della Campania e non è in Calabria». E ancora: «Lassessore ha fatto un richiamo allidentità della sua città, ha parlato di radici, e dal suo punto di vista mi sembra giusto e corretto». Insomma, Milano secondo il suo sindaco è certamente una città padana.
Il Carroccio però non si accontenta. Lo dimostra Igor Iezzi, segretario della Nord cittadina, subito pronto a rilanciare: «Milano è la capitale della Padania, altro che storie. Non solo la città ha radici padane, ma la si può definire come capitale dellintera Padania. Milano è una delle città simbolo nel mondo della produttività e della laboriosità del popolo padano». E ancora, in una specie di orgoglio da ambrosiano in trasferta: «Basta andare allestero per comprendere la differenza di atteggiamento con chi si presenta come italiano e chi si presenta come milanese».
Stoccatina a Gianfranco Fini, invece, da parte del presidente del consiglio regionale, Davide Boni: «Fini in questo momento è noto per le sue battute. Se dovessi liquidare con una battuta la presa di posizione di Fini sulla Padania, nomen omen, io di Fini mi ricordo solo una nota marca di tortellini». La difesa appassionata della regione padana è su tutta la linea e corre da Palazzo Marino al Pirellone.
In Comune, però, il dibattito ha assunto serietà o almeno unallure istituzionale. Morelli ha parlato di «un patrimonio che deve essere fatto vivere per non allontanarsi mai dalle radici che Milano ha nella storia padana, italiana e mondiale».
Laccenno alle «radici padane», affettivamente e gerarchicamente messo per primo, ha suscitato commenti indignati. Attacca lex assessore Aldo Brandirali, del Pdl: «Concordo con il presidente della Camera, Fini: la Padania non esiste e visto che la delega dellassessore è allIdentità, gli ricordo che non è nei patti esprimersi sulle radici padane di Milano».
Prevedibilmente negativo lintervento del capogruppo del Pd in Comune, Pierfrancesco Majorino: «Meglio non rifarsi allinesistente storia della Padania ma a quella reale di Milano». Sarcastico il battagliero Basilio Rizzo, eletto nella Lista Fo: «Porto allassessore il saluto dei tanti terroni che hanno fatto grande Milano».
Quasi sorpreso il debuttante Morelli: «Sono polemiche sterili di chi è rimasto al secolo scorso. Io voglio essere operativo, creativo e propositivo».
Nel frattempo la città di Como ha intitolato una via a Gianfranco Miglio, giurista, politologo, teorico del federalismo, ispiratore di Bossi e grande supporter della Padania, termine ormai entrato nellimmaginario collettivo di Nord e Sud. A questo punto sapere se esiste davvero è poco più che un dettaglio.
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