«Quarto non era la giusta soluzione per la sede dell'Istituto italiano di tecnologia. Come tecnico avevo dato il mio parere in questo senso agli organi istituzionali. L'ex manicomio è una struttura dove cavi, computer, macchinari ipertecnologici difficilmente potevano essere collocati. La Soprintendenza avrebbe dato parere contrario a una ristrutturazione per i laboratori che hanno bisogno di spazi liberi per la creazione di celle per il nostro lavoro». Il professore Roberto Cingolani è il direttore scientifico dell'Iit. Ieri mattina ha presentato i primi lavori e il programma di start up del centro che sta diventando famoso in tutto il mondo. E svela alcuni retroscena. «Ne avevo parlato anche con Renzo Piano che concordava con me. Poi, anche grazie al sindaco Pericu è stata trovata la struttura di Morego. Non soltanto un edificio moderno facile da ritrutturare e organizzare per le esigenze dei laboratori e degli scienziati, ma anche una zona strategica, vicino l'autostrada, comoda da raggiungere anche da Milano».
LIit è un richiamo per nomi di spicco, anche un paio di Nobel, e grazie alle risorse, 60 milioni di euro a bilancio soltanto per il 2007, che finanziano la ricerca dalla robotica alle nanobiotecnologie. Cingolani è giovane, ha frequentato la Normale di Pisa conseguendo i migliori risultati. È uno tosto, che gira in maglione e la domenica sfida in mountain bike un suo collega scienziato australiano, arrivato da alcuni mesi a Morego, campione di Triathlon. È un cervellone che ha costruito altri laboratori in tutto il mondo e in Italia, da una decina di anni, dopo quello alla Normale di Pisa, segue la sua personale creatura di nanotecnologie all'università di Lecce che offre lavoro a oltre centosettanta ricercatori. In Germania ha realizzato il prestigioso laboratorio Max Planc di Stoccarda. Poi ha viaggato in molti altri paesi europei e negli Stati Uniti. Quindi lo hanno chiamato perfino i giapponesi. Nel paese del Sol Levante ha progettato l'Uni Institute industrial science of Tokio.
Con orgoglio annuncia che ogni quindici giorni intervista dai dieci ai quindici giovani che vogliono trovare lavoro a Morego. Una media di 40mila euro l'anno per un trentenne che ha conseguito il post dottorato e un contratto quinquennale. In linea con i salari degli altri laboratori europei. Finora gli assunti sono 65. Un terzo sono italiani, un terzo italiani che tornano da anni di esperienza in laboratori all'estero, un terzo di altri Paesi, dai canadesi agli statunitensi, dagli australiani agli indiani, dai francesi ai tedeschi. Ci sono poi altri sessanta dottorandi di ricerca, trentacinque collocati a Genova, venticinque tra Pisa e Milano.
Finora sono state depositate una dozzina di pubblicazioni scientifiche e realizzate attività di formazione condotte in collaborazione con sei università italiane per un totale di 76 borse di dottorato. Sono stati depositati anche un paio di brevetti e nei prossimi giorni ne verrà depositato un terzo ancora top secret. Il terzo brevetto è l'ennesimo successo per la struttura fortemente voluta dal governo italiano e già in grado di richiamare da tutto il mondo ricercatori di primo piano. La Fondazione Iit, che è presieduta da Vittorio Grilli e dal vicepresidente Giuseppe Cerbone, sarà a regime nel 2009 quando veranno assunti circa 400 scienziati.
«Ho scelto l'Iit perchè il futuro è qui». Non ha dubbi il professor Jean Guy Fontaine, 53 anni, esperto di tecnologie robotiche industriali che dall'Università di Parigi era stato chiamato a lavorare negli Usa. Ha deciso invece di lavorare all'Istituto Italiano di Tecnologia, nella sede di Morego. «È un progetto unico al mondo - afferma - e ha grandi potenzialità». Ad affascinare Fontaine, e con lui gli altri ricercatori stranieri, è in particolare l'approccio multidisciplinare all' attività di ricerca. Stesse scelte per gli altri direttori di ricerca dell'Iit: l'irlandese Darwin Caldwell e gli italiani Giulio Sandini, Fabio Benfenati e Daniele Piomelli.
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