Morelli «spara» le prove del tradimento di Burlando

I Verdi presentano il documento che inchioda il governatore: il centrosinistra aveva firmato l’accordo per salvare i fringuelli, ma la Regione non ha mantenuto l’impegno con gli elettori

Morelli «spara» le prove del tradimento di Burlando

Diego Pistacchi

Ma quanti volete che siano ’sti Verdi? «Se vinciamo, consiglieri ne avranno da zero a uno». Così parlò Claudio Burlando. Era il giorno 3 del mese di marzo dell’anno 2005. Giorni 31 all’apertura delle urne per le elezioni regionali. Quella volta il futuro governatore dimostrò la sua scarsa vena di veggente, visto che i Verdi in Sala Verde sono ben due, uno dei quali scelto personalmente da lui e inserito tra gli intoccabili del «listino», sicuro quindi di far coppia con l’eletta Cristina Morelli. Con altri però Burlando prese impegni che, almeno finora, ha mantenuto. Forse perché davanti a una platea di tutti cacciatori non poteva dire altro se non garantire che «le cacce in deroga e la caccia sull’Alta via dei monti liguri saranno confermate dalla maggioranza di centro sinistra». Ma certo quel «giuramento» lui lo aveva fatto e il Giornale lo aveva riportato fedelmente. Di più. Lo aveva sottoposto all’alleata Cristina Morelli. Che da parte sua aveva fatto spallucce: «Non mi preoccupa quello che viene detto nelle varie sedi. Si sa che ognuno i voti li raccoglie come può. Nel programma della coalizione è scritto a chiare lettere l’impegno al rispetto dell’attuale legge sulla caccia, la 157 del ’92, senza deroghe, mentre le attuali cacce, allo storno, al fringuello e sull’Alta via dei monti liguri sono in deroga».
Botta e risposta a stretto giro di posta. Il bianco e il nero dichiarato dagli alleati-nemici. Il tutto e il suo contrario giurato da entrambi con una mano sul cuore e l’altra posata sul sacro testo del programma di centrosinistra. Uno dei due mentiva sapendo di mentire, ma soprattutto entrambi, maggiorenni e vaccinati, erano consapevoli che nel giro di pochi mesi la maschera l’avrebbero dovuta buttare. La polemica di questi giorni, la dieta a base di cappuccini, i messaggi di stima di Romano Prodi che appoggia la Verde sotto la tenda e stringe la mano al Governatore con la doppietta erano tutte situazioni prevedibili. Quindi previste, con il risultato che Claudio Burlando potrà dire ai cacciatori di aver mantenuto fede alle sue promesse, di essere uomo di parola. E la pasionaria Cristina potrà passare per la vittima pronta a immolarsi per salvare storni e fringuelli, schiacciata però dal sistema.
Serve un inciso. Archivio del Giornale, edizione di Genova, 5 marzo 2005. Burlando davanti alla platea delle doppiette: «Manterrò fede a quanto dichiarato, lo metterò nero su bianco, manterrò contatti con i cacciatori». Morelli, a proposito del giuramento del suo presidente designato: «I cacciatori non sono un partito. I partiti hanno firmato un documento e per me resta valido quello».
E allora? La Morelli ha ragione? Burlando sul programma firmato ha scritto di salvare i fringuelli e poi ha mantenuto la parola, contraria, data ai cacciatori? Anziché mettere le tende a De Ferrari, I Verdi dovrebbero toglierle. Per ora si limitano a chiedere la «verifica programmatica». Ma non senza imbracciare la carabina. E sparare: «Prima delle elezioni, dopo lunghe giornate di faticose trattative abbiamo firmato un documento, depositato dal notaio, che contiene le linee programmatiche per la coalizione». Quella di Burlando, s’intende. E su quel documento è scritto, alla scheda numero 6, nella parte dedicata ad «Ambiente fonte di sviluppo e difesa del territorio», che secondo il centrosinistra «il tema della caccia va inquadrato nella scelta di non concedere deroghe alla legislazione vigente». Firmato da Giacomo Conti (Rifondazione), Mario Margini (Ds), Rosario Monteleone (Margherita), Lorenzo Acquarone (Popolari-Udeur), Giacomo Bertone (Pensionati), Francesco De Simone (Italia dei Valori), Maria Grazia Barbieri (Patto Liberaldemocratici), Tirreno Bianchi (Comunisti italiani), Maurizio Spanò (Sdi), G.B. Pittaluga (Gente della Liguria). Solo Burlando non lo sapeva? Il governatore, di fronte ai cacciatori increduli, aveva ammesso «gli errori fatti, e pagati cari, dal centrosinistra nel 2000» in materia venatoria. E di fronte allo scetticismo di chi lo ascoltava, aggiungeva: «Potete fidarvi o meno, ma non potete dire che non sia stato chiaro». In teoria non potrebbe dirlo neppure la Morelli. Ma lo ha detto.

E finora ha portato le sue prove per sostenere che il presidente ha fatto quello che rappresenta l’unico, vero e incontestabile motivo di dimissioni immediate e irrevocabili per un pubblico amministratore: tradire i patti con elettori ed eletti. Il contrario Burlando non lo ha ancora fatto.

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