da Milano
Silenzio. È ciò che chiede la famiglia. Silenzio per una persona che amava il silenzio. Gianfranco Ferrè è sempre stato così. Un po chiuso, un po burbero, molto riservato. Eppure i giornali e le televisioni hanno riportato la notizia del suo ricovero e delle sue condizioni gravissime, a caratteri cubitali. Perché Ferrè era un grandissimo, l'unico che a ogni sfilata sapeva far venire la pelle d'oca, l'unico capace di strappare una lacrima di commozione per un vestito. Ma che vestito! Un'opera d'arte, l'apoteosi del bello, la materializzazione incredibile di ciò che si poteva fare con un pezzo di stoffa. Irripetibile. E nelle ultime sfilate, al termine, anche a Gianfranco vedevi brillare sul volto una lacrima. Il dramma che si è svolto dietro la porta a vetri del reparto di rianimazione neurologica dell'Ospedale San Raffaele di Milano è il dramma che sta vivendo anche il mondo della moda. Era in coma. Non si era sentito bene venerdì e perciò ha preferito farsi ricoverare nel reparto diretto da Ornella Melogli, sua amica oltre che medico curante. Ma tutto è precipitato in un attimo, un tracollo improvviso con un terribile responso: vasta emorragia cerebrale. Fino a ieri pomeriggio. A un certo punto si contavano le ore: la medicina impone che passi un certo lasso di tempo, sei ore senza alcuna attività cerebrale, per «decretare» la morte. L'architetto-stilista aveva dalla sua, inaspettatamente perfino per i medici, una fibra molto robusta, ma le possibilità che potesse davvero riprendersi, venivano escluse del tutto. Nella sala d'aspetto del padiglione B, al di qua della porta, si sono alternati i parenti e gli amici più stretti, chiusi nel dolore e ormai rassegnati davanti a un quadro clinico senza vie d'uscita. Nessuno osava sperare nel miracolo. La situazione era del tutto compromessa.
L'attesa aveva un che di assurdo e beffardo. Si sa che verrà portato nella sua bella casa di Legnano, la palazzina di famiglia dove lui amava andare per riposarsi e perché lì ci sono le sue origini. La casa che amava tanto, quella che usava nei week end, il suo rifugio, la Villa di Stresa, appartenuta al fratello di Italo Balbo e che l'architetto aveva magistralmente restaurato. «L'ipertensione è il fattore di rischio di gran lunga più importante per questa devastante patologia - è il commento del professore Giuseppe Mancia, Presidente del Congresso in corso a Milano della Società Europea dell'Ipertensione (ESH, Università Milano Bicocca) -. È questa l'unica causa di emorragia cerebrale. Il trattamento antipertensivo riduce di molto il rischio, ma molti pazienti non riescono a raggiungere un buon controllo della pressione. In più tenendo conto che in questo caso si trattava di un ictus emorragico in un paziente che aveva già avuto due ictus». Questo è ciò che dicono i medici. Le cause di una morte.
L'emorragia cerebrale, spiegano gli esperti riuniti al Congresso dell'ESH, dove si sta discutendo proprio dei rapporti fra ipertensione e ictus, è una perdita del tessuto cerebrale attivo che, a seguito di una rottura di una arteria, viene inondato dal sangue e non svolge più le sue funzioni.
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