Morto Nanni Il teatro italiano perde un maestro della fantasia

L’ultima volta che vidi Giancarlo Nanni non fu in occasione di uno dei suoi spettacoli colorati e fantastici che han fatto il giro del mondo ma per un progetto che stava molto a cuore a tutti e due e per il quale era già stato stanziato un budget che poi non fu onorato. E cioè ambientare la vicenda della contessa Tarnowska, personaggio su cui invano indagarono sia Visconti che Fassbinder, nel penitenziario di Trani dove trascorse sei anni dal 1910 fino al 1916. Un incontro che fu determinante per entrambi, anche se non sfociò in un rapporto di lavoro. Perché Nanni, un romano, morto l’altro giorno a 68 anni e nato a Rodi nel ’41, era a tutti gli effetti un intellettuale dell’antica Grecia. Un uomo che aveva debuttato nell’arena artistica come pittore e che sapeva tutto dell'arte classica e dell'arte moderna. E che ti illustrava punto per punto uno spettacolo prima ancora di aver tracciato sulla carta l'itinerario del suo spazio ideale. Se così non fosse stato non avremmo avuto nel ’71 l’esplosione di A come Alice, la splendida fantasy tratta da Lewis Carroll che segnò l’inizio della folgorante carriera di Manuela Kustermann, per anni sua compagna d’arte e di vita che, solo pochi mesi dopo, confermò col suo il talento del regista nel più bel Risveglio di primavera che si sia mai visto. Importando per la prima volta in Italia un autore scomodo e geniale come Wedekind quasi cent’anni dopo l'apparizione di quel capolavoro sulle scene tedesche.

E quanti titoli sono seguiti negli anni dopo l’exploit al Teatro la Fede! Dalla Fabbrica dell'Attore al Teatro Vascello passando per i riconoscimenti internazionali che vanno dal Cairo al newyorchese Café La Mama con allestimenti prestigiosi nel nome di Shakespeare (Rosalinda o Come vi piace) fino al Gabbiano di Cechov e all’ibseniana Casa di bambola con la Nora di Manuela prigioniera dello status coniugale dentro un salone delle feste che restringendosi attorno alla protagonista la consegnava alla più lancinante solitudine. Addio, caro Giancarlo, piccolo grande re dei nostri sogni perduti.

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