Motta, Pazzini, Ranocchia: è l’InterNazionale

Thiago Motta c’entra fino a un certo punto. Il nulla-osta della Fifa è arrivato, l’altro Thiago ha firmato qualche rimpianto, giocherà in azzurro e sarà un buon acquisto per il club Italia. No, è l’Inter che rimette piede in Nazionale dopo anni di censure mal sopportate dallo stesso Massimo Moratti, il presidente. Lo fa con quei due giovanotti che adesso, stregati da Leonardo in panchina, mettono ansia al Milan capolista. Si, parliamo di Ranocchia e di Pazzini, trasferiti d’ufficio in azzurro. «Bravo il presidente Moratti a pescare a gennaio due giovani italiani» chiosa Cesare Prandelli che di questo nuovo corso ad Appiano Gentile non può che essere soddisfatto. Perché agli italiani di anagrafe, si aggiunge il nuovo italiano, Thiago Motta appunto, cestinando la famosa polemica sulla squadra «arcobaleno» (lo striscione esposto da ultrà nell’amichevole di Klangefurt, ndr). «Quelle polemiche fanno male al calcio e al paese Italia» sostiene sempre il ct che sull’argomento Thiago Motta ha una spiegazione tecnica e una riflessione da aggiungere. «Non l’ho chiamato per l’assenza di Pirlo, l’idea di fondo è assemblare un centrocampo tecnico e di qualità, non conta la fisicità ma la velocità di pensiero, questa è la strada da battere» la prima. Seguita dalla seconda: «Trovo stupendo il fatto che questi ragazzi, extracomunitari, appena ricevono la cittadinanza italiana chiedono, per prima cosa, di far parte della Nazionale» il suo omaggio all’ultimo arrivato.
Non c’è solo Inter in questa Italia che viaggia da stasera verso Dortmund con l’intento di accumulare un po’ di esperienza e apparecchiare una squadra che abbia un senso, tecnico e geometrico, più che fisico. C’è anche l’ultimo spezzone di Milan, Antonio Cassano, arrivato nonostante siano tutti consapevoli dello stato fisico («sta pagando il lavoro fatto per recuperare i due mesi perduti») del barese, cui Prandelli parla chiaro, come si deve a una sorta di figlio adottivo. «Non ho bisogno di parlare con Antonio, ha già detto tutto lui: ha bisogno di comportamenti corretti e costanti, questa è la sua ultima possibilità» il promemoria del Ct. Cui fanno eco da Genova le parole di Riccardo Garrone, presidente della Sampdoria, finito nel mirino dei contestatori per le cessioni di Pazzini e Cassano, appunto, «sono molto amareggiato» manda a dire prima di lasciare in sospeso una frase che sembra l’incipit di un altro giallo.
Già perché il presidente della Sampdoria, «orgoglioso di essere molto diverso dai miei colleghi», invita i cronisti a rivolgere una domanda a Cassano.

«Perché non andate a chiedere - insinua Garrone - ad Antonio perché dirà solo tra dieci anni il vero motivo della sua storia? Sembra quasi che io l’abbia violentato, anche fisicamente. E non credo che sia facile violentare Cassano. È una cosa molto brutta, non vorrei essere stuzzicato a raccontare la vera storia avvenuta». Per la risposta alla prossima intervista di Fantantonio.

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