Mourinho sposa la linea morbida: «Non c’è razzismo, solo ignoranza»

nostro inviato ad Appiano Gentile

È questione di poco, l'Inter attende il fax da Rio de Janeiro di Gilmar Rinaldi, il procuratore di Adriano. La storia con l'Imperatore è finita, poche righe per confermare la rescissione consensuale del contratto che lega il brasiliano all'Inter ancora per questi due mesi e la prossima stagione. Niente è chiesto e niente è dovuto, Rinaldi ha sperato fino alla fine di spuntare qualcosa, Moratti gli ha fatto sapere che era già qualcosa evitare l'arbitrato e non chiedere i danni, probabilmente gli verrà riconosciuto, eventualmente, un premio scudetto. Il calciatore perde circa 6 milioni di euro, l'Inter ne risparmia quasi il doppio che può reinvestire sul mercato. Niente clausole, nessuna preclusione sul suo futuro, una sorta di buon accordo prevede che il giocatore non firmerà per società non gradite a via Durini, molto probabile che Adriano dal 10 maggio, inizio del campionato brasiliano, trovi un ingaggio dalle sue parti, magari al Flamenco. Il suo armadietto ad Appiano è già stato svuotato, e non è detto che Gilmar Rinaldi venga prossimamente in Italia, deve anche trattare il rinnovo di Simplicio al Palermo, altro suo assistito, e chiudere così una vicenda che ha amareggiato Moratti fino a convincerlo che Adriano era una scommessa irrimediabilmente persa. Ma non sembrava questo il motivo dei malumori di Josè, ieri stranamente giù di corda. Dopo circa venti minuti di conferenza ha chiesto: «Ma non vi interessa sapere di Inter-Sampdoria?».
I due arbitri dietro le porte, i dieci minuti di sospensione in caso di cori razzisti, Balotelli, gli allenatori italiani e il calcio inglese, tutto sembrava portarlo lontano dalla sfida di stasera. E che sfida: Mourinho eliminato dalla Samp resta comunque un titolo. Ha assicurato che metterà giù la formazione più forte, con Ibra, Balotelli e Julio Cesar in porta: «Noi? In questo momento siamo fuori dalla coppa Italia, è logico. Ma una volta mi è successo di vincere 4-1 la partita di andata e devo riconoscere che al ritorno ero preoccupato, sentivo pressione. Adesso penso che la stessa cosa possa succedere a Mazzarri e alla Sampdoria, una cosa è certa, se loro segnano la partita è finita. Ma se dovesse passare in vantaggio l'Inter allora le cose potrebbero cambiare, magari anche con un gol alla mezz'ora, non per forza subito».
È su questo che sta lavorando Josè: evitare di subire il gol e mettere pressione alla Samp. «Io penso che loro non saranno così tranquilli, cosa fanno, si difendono o vanno a cercare la rete della qualificazione?» Santon torna a sinistra con Chivu in mezzo, Josè ha ipotizzato il rientro di Materazzi, in mezzo i soliti, davanti in tre, Ibra, Balotelli e ballottaggio Cruz-Mancini, con l'argentino avvantaggiato: «A Torino con tre punte abbiamo giocato molto bene e mi è piaciuto anche il centrocampo. Balotelli si esprime meglio quando gioca in quella posizione».
Non c'è dubbio che il ragazzo sia ormai diventato un elemento imprescindibile. Ieri Josè ha confessato di sentirsi naturalmente portato a proteggerlo e difenderlo: «Non mi piace quando si rivolge all'arbitro in quel modo o quando alza il braccio e fa un gesto sgradito. Ma tatticamente fa grandi progressi, fisicamente era già a grandi livelli e sta migliorando, psicologicamente non ha paura di niente e nessuno. Io di più con lui non posso fare, se gli avversari si arrabbiano perché è troppo bravo è un problema loro».


Ma era un Josè minimalista e dopo aver parlato del paradiso inglese per gli allenatori che lavorano lì, perché possono programmare e restano anche se non vincono, ecco che ha dato un segnale. Gli hanno chiesto se fra i tanti record all'Inter, voglia battere anche quello di Mancini, quattro stagioni consecutive sulla panchina. Josè è rimasto un attimo in silenzio, poi ha detto: «Io? Io tre anni».

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