nostro inviato ad Appiano Gentile
Il vecchio Trap ha fatto un gran bene all’Inter di quei tempi, uno scudetto dei record che lampeggia tuttora e una notte a Monaco da paura, ma quando ha lasciato Appiano si è dimenticato la lavatrice accesa, e questa centrifuga ancora. Mourinho sembrava esente da questa macchina infernale, troppo grosso per entrarci, serviva una betoniera. Invece ieri si è lasciato intrappolare da una serie di menate atomiche sulle quali tre o quattro giorni fa avrebbe volato alto. Qualcuno ha detto che le altre ormai non giocano contro l’Inter, macontro Mourinho. E ieri mattina non si è parlato di derby ad Appiano, ma di Mourinho. Mourinho e Beretta, Mourinho e Ranieri, Mourinho e Cobolli Gigli, Mourinho e Shevchenko, Mourinho e Ancelotti, Mourinho e i giornalisti. Che ci fossero una serie di trappoloni nell’aria era palese, Josè ci ha messo pazienza, ha risposto alle domande, tante e a senso unico, poi è partito solo contro tutti e ha chiuso la sua conferenza stampa accusando il calcio italiano, andandosene imbronciato. Magari anche con qualche ragione dalla sua parte. La storia non era iniziata male, ma è lunga, ci si può mettere comodi. Intanto alla quinta di campionato il rito della formazione sciorinata ventiquattro ore primaè già scaduto. Con tappe intermedie: prima tutti e undici, poi otto/undicesimi, poi quelli sicuramente assenti, ieri zero assoluto: «Il derby? Una partita come un’altra». Per qualcuno la seconda provocazione. Allora gli sono state girate le lamentele di Beretta che si è ritenuto offeso dalla mancanza di Mourinho nel dopo-partita di mercoledì: «Critiche da Beretta? Quali critiche? Io ho parlato con lui allo stadio e lui a me non ha detto niente. È strano questo suo comportamento. Avrei rifiutato il confronto in diretta su Sky con Ranieri? Gli italiani sono più innamorati dello show televisivo che del calcio. Credevo fosse il contrario». Maquesto è stato solo l’epilogo, il meglio doveva ancora uscire. Quasi a immaginare l’evento, Beppe Baresi, allenatore in seconda, e lo staff tecnico al completo, erano presenti nella sala di Appiano dove si stava svolgendo la conferenza stampa. È stato un crescendo: «Cobolli Gigli ha detto che non mi vorrebbe mai sulla sua panchina? Va bene, ci sono tanti allenatori in giro, è libero di scegliere. Ranieri? Io ho trascorso tre o quattro ore al giorno per mesi e mesi a imparare l’italiano e parla lui che dopo quattro anni aveva difficoltà a salutare in inglese: good morning, good afternoon. Sheva ha detto che di me non parla? Lo capisco, ha cambiato tre allenatori in tre anni e continua a non giocare, è normale che non voglia parlare di loro ma a Londra gli mancava qualcosa che a Milano sta ritrovando. Ancelotti ha detto che il mio procuratore mi ha offerto al Milan? Chiedete a loro due». Ormai eravamo al limite. All’ennesima domanda sul perché certi allenamenti sono oscurati ai tifosi. Mourinho ha risposto secco: «Ai tifosi o ai giornalisti? ». A quel punto l’atmosfera frizzantina ha curvato di brutto: «In Inghilterra Alan Ferguson manda periodicamente dei collaboratori a parlare della partita, e a nessuno è mai venuto in mente che sia una mancanza di rispetto. Sto parlando di sir Alan Ferguson. Chi è Ranieri per dirmi cosa devo fare? Solo Moratti può dirmi cosa devo fare. Io ho chiesto alla società di venire affiancato da un giocatore storico, di carisma, poteva essere Ferri, o Bergomi, ho avuto Baresi. Siete voi che non avete avuto rispetto di Baresi. E se questo non lo capite, posso farvi un disegnino». Restando freddi al proprio posto, non c’erano carogne che montavano. La reazione di Josè era provocata ma innocua, lui l’ha resa incandescente, ma le sue ragioni erano ampiamente condivisibili.
Detto questo si è alzato, con Beppe Baresi rosso in volto come un ragazzo semplice di Travagliato che si vergogna quando parlano di lui. La scena finale quasi straziante. Non è successo niente caro signor Mourinho: benvenuto al club.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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