Un lungo editoriale che assomiglia alla lama di una ghigliottina sulla testa di Silvio Berlusconi. «Cade la maschera del clown», titola con sobrietà tutta british il Times, quotidiano di Londra che evidentemente considera Palazzo Chigi la sede di un circo. «L’aspetto più di cattivo gusto del comportamento di Silvio - scrive il giornale di proprietà di Rupert Murdoch, l’editore planetario fra l’altro padrone di Sky tv - non è che egli sia un clown sciovinista, né che rincorra donne che hanno 50 anni meno di lui, approfittando della sua posizione per offrire loro lavoro come modelle, assistenti personali o persino, assurdamente, candidate per l’Europarlamento. Quello che è più scioccante è l’assoluto disprezzo con cui si rivolge all’opinione pubblica italiana». Che infatti si sente così maltrattata dal Cavaliere da avergli fatto vincere le ultime elezioni. «Il libertino attempato - prosegue feroce il solitamente austero foglio britannico - può trovare divertente, o anche coraggioso, comportarsi da playboy vantando le sue conquiste, umiliando sua moglie, o facendo commenti che molte donne giudicherebbero grottescamente inappropriati. Egli non è l’unico o il solo il cui indegno comportamento è inappropriato al ruolo. Ma quando vengono poste legittime domande su relazioni che sfiorano lo scandalo e i giornali lo sfidano a dare spiegazioni che, al meglio, sembrano sconcertanti - è la sentenza del quotidiano di Murdoch - la maschera del clown cade. Egli minaccia i giornali e le emittenti televisive che controlla, invoca la legge per proteggere la sua privacy, diffonde comunicati evasivi e contraddittori e infine promette in modo melodrammatico di dimettersi se colto a mentire».
Come si vede, l’editoriale assomiglia a un plotone di esecuzione. Ed è legittimo chiedersi come mai tanta violenza e strafottenza nei confronti del premier che, fino a prova contraria, rappresenta una delle grandi democrazie occidentali e non una repubblica delle banane. Naturalmente, può venirci in soccorso la lunga tradizione del giornalismo anglosassone che da sempre tratta l’Italia come una provincia bizzarra e remota dell’impero, la terra del mandolino e della pizza, e in particolare spara ad alzo zero su Berlusconi. Da sempre. Da quando nel 1994 è sceso in politica. Il Times, l’Economist, l’Independent, per citare alcune grandi testate nate sulle rive del Tamigi, non hanno mai preso le misure del fenomeno Berlusconi e hanno provato per tanti anni a buttarlo giù dalla poltrona, ridicolizzandolo, denunciando conflitti d’interesse a raffica, enfatizzando le sue disavventure giudiziarie con gli stessi timbri, fra il sarcastico e l’apocalittico, dei giornali della sinistra nostrana. Figurarsi se il Times poteva perdersi il caso Noemi: purtroppo, la caccia grossa al premier si è smarrita nella foresta del vocabolario. L’inviato di Londra ha confuso, gaffe davvero goffa, Berlusconi e il Padreterno. Ma l’incidente non ha fermato la campagna anti Arcore. Del resto la City ha i suoi interessi, i suoi pregiudizi, la sua storia; le lobby internazionali del grande capitalismo non tollerano gli intrusi, specie se non sono stati cooptati dalle élite che contano. Berlusconi è sempre rimasto estraneo a questo mondo rarefatto: blasonati think thank e club impenetrabili non hanno mai dimenticato questo suo peccato originale.
Con Murdoch però i problemi sono più terra terra. O meglio, viaggiano sul satellite di Sky, la tv a pagamento che ha rivoluzionato le abitudini di una parte degli italiani. Quando Murdoch lanciò nel 2004 Sky Italia piantò anche su calendario le bandierine delle sue aspettative: 6 milioni di abbonati alla fine del 2008, 7 alla conclusione del 2009. Allora lo squalo australiano Murdoch e il Cavaliere milanese erano considerati alleati e amici, quasi impastati con lo stesso Dna e la stessa capacità di fiutare il business. Più brutale Murdoch, simpaticamente ribattezzato lo Squalo, ma in fondo si trattava di sfumature. A un certo punto, nel 2003, l’italiano stava per vendere al tycoon australiano. Poi, lo scenario è cambiato drasticamente ed è scoppiata la guerra. Il numero degli abbonati a Sky è stallato da Natale a quota 4,8 milioni. Non si scende ma neppure si sale. Le bandierine di Murdoch sono miraggi. Certo, la crisi economica rattrappisce i consumi. Ma il baco che cresce è Mediaset Premium, la pay tv del Biscione che nei giorni scorsi ha annunciato di aver superato il traguardo dei 3 milioni di tessere. Una parte crescente della platea sta ruotando il telecomando verso il digitale terrestre: nel momento in cui è riuscita a spezzare il duopolio Rai-Mediaset, Sky si è scoperta debole proprio sul suo stesso terreno. Mediaset Premium le ha sfilato i magazzini gloriosi di due major di Hollywood: la Universal e la Warner Bros, Mediaset Premium avanza su un lungo fronte che tocca il calcio, il cinema, i programmi per bambini. Dalle parti di Murdoch, si capisce, sono nervosi. Così, quando il governo ha raddoppiato l’Iva per il colosso multimediale, lo stato maggiore di Sky è insorto come se Berlusconi avesse stracciato le regole più elementari. In realtà, con una direttiva europea da applicare, le strade obbligate erano solo due: raddoppiare l’aliquota per Sky o dimezzarla per la pay tv di Mediaset. Questa sì, con un premier primo azionista della televisione, sarebbe stata una mossa da clown. Così Berlusconi ha preferito alzare la tariffa per Sky che, invece di trattare, è andata allo scontro. Furibondo. Senza alcun risultato. E non è finita.
Così Murdoch muove la sua flotta all’attacco. Colpisce il politico, ma mira al business imprenditoriale. È il conflitto d’interessi della stampa che dà lezioni al mondo.
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