«Ora capisco perché qui tutti vanno di fretta. Ho imparato sulla pelle che l'Italia non aspetta, non ha tempo per quelli che stanno indietro. Devi correre, amico. È la mia vita dolce e amara. Sono stanco di questa fottuta gara». Dietro queste parole, cantate sotto forma di rap dolente, c'è Sofyan. Ha solo 12 anni ed è marocchino. Ed è uno dei 25 adolescenti coinvolti in un progetto - «A partire dalla fine» il nome -, tra i fiori all'occhiello di Suonisonori, onlus che da oltre 10 anni si fa paladina della musica applicata al sociale. Musica come strumento, veicolo e/o linguaggio (fate voi...) di rieducazione, per offrire speranze e percorsi di vita alternativa ai ragazzi difficili di Milano e nell'hinterland. Tutta gente che è già stata dentro (in primis al Beccaria, ma anche a Bollate, carceri all'interno delle quali l'associazione conduce iniziative ad hoc) o viene segnalata dai servizi sociali e da comunità protette, con visioni delle cose spesso piene di rabbia e di violenza. «Sofyan ci è stato segnalato proprio ai servizi sociali», racconta Luca Canali, 36 anni di Milano, musicista («e non musico-terapeuta», tiene a sottolineare) di professione, una delle anime dell'associazione che può contare su uno sede con tanto di studio-sala di incisione in Porta Romana. «Quando è arrivato da noi ha detto che voleva fare una canzone triste. Per quanto non abbia nessuna esperienza musicale e parli in modo approssimativo la nostra lingua, il brano descrive ugualmente un punto di vista interessante. Che è poi la ragione d'essere, meglio l'essenza del nostro progetto, nato proprio per far tirare fuori cose, vale a dire raccontare storie e comunicare emozioni a giovani e giovanissimi, italiani ed extracomunitari, costretti a crescere nel disagio. Disagio che, proprio attraverso la musica e il canto, può trasformarsi in «qualcosa di positivo». Magari anche solo una canzone. E non è poco.
«La forza di A partire dalla fine? Compiere un percorso di scrittura creativa attraverso la musica e il canto», aggiunge Canali. «È un percorso ovviamente lungo, anche perché i ragazzi e le ragazze che arrivano da noi, attraverso le comunità e i servizi sociali, con trascorsi nel penale o con situazioni familiari incasinate, di tossicodipendenza o di abusi sessuali, non sanno nulla. Vengono nella sede di Suonisonori, uno spazio in concessione dal Comune, e imparano a fare musica. Non è facile, ma talvolta scatta la scintilla. Il linguaggio più usato è quello rap». Rap pieno zeppo di rabbia come quello di Josh Mck, 25 anni, tatuatore, ma soprattutto cantore senza filtri del Corvetto, il suo quartiere. «L'abbiamo conosciuto quando, come associazione, dovevamo organizzare un concerto per il settore Adolescenti in difficoltà del Comune di Milano», racconta Canali. «Viene, fa il concerto assieme ad altri artisti già affermati del giro hip-hop come Marracash e impressiona tutti quanti. Siamo rimasti in contatto e dopo qualche tempo gli abbiamo dato una mano producendo il suo disco Revolution Martiality». Tutto bene, dunque. Anzi no.
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