Il musical di Riz Ortolani ha solo velleità da opera

Delude «Il principe della gioventù» con scene e costumi di Pierluigi Pizzi

da Venezia

Da un po’ di tempo in qua il musical italico corteggia in modo spudorato il melodramma ottocentesco. Ma questa non è una novità, dato il precedente di Broadway che, tanto per non far nomi, conta all’attivo una vera e propria opera come West side story di Leonard Bernstein e splendidi prodotti d’alto artigianato come Cats e Il fantasma dell’opera. Mentre tra Francia e Italia si è da tempo messo sulla buona strada il nostro Cocciante con ben tre titoli di successo, a cominciare da quel fortunatissimo Notre Dame de Paris che ha fatto un po’ il giro del mondo dopo aver intelligentemente assorbito, sul piano drammaturgico, il grande mélo popolare congegnato da Robert Hossein sullo scheletro dei Miserabili.
Ora è la volta di Riz Ortolani, musicista eclettico e uomo di teatro di raro intuito spettacolare che, su libretto proprio in collaborazione con Ugo Chiti, sforna un prodotto ahinoi ibrido, oltre che insipido, ispirato alla congiura dei Pazzi che segnò, con l’assassinio di Giuliano a Santa Maria del Fiore, il momento di massima crisi della dinastia medicea. Ispirandosi a Romeo e Giulietta e, ancor di più, alla Guerra dei Roses, Ortolani ha dunque chiesto a un mago della raffinatezza sintattica come Pier Luigi Pizzi di allestire un sontuoso pageant di stile elisabettiano attorno agli insanabili contrasti delle due famiglie egemoni nella Firenze del Sedicesimo secolo. E Pizzi lo ha splendidamente assecondato creando attorno allo spaccato cavo della cattedrale che, da segno evidente della supremazia cultuale, diviene simbolo della supremazia culturale del Rinascimento, colori bellissimi e luci attentamente predisposte a sottolineare i momenti salienti dell’azione.
Il guaio è che non basta la confezione e, qua e là, l’impegno di alcuni tra i giovanissimi interpreti a condurre in porto una barca che fa acqua da tutte le parti. A cominciare dal testo, dominato dal più vieto luogo comune e da espressioni idiomatiche tali da suscitare il riso se non il pianto. Oltre che dalla prosodia delle liriche affidate in tandem a Mae Kroville e all’italiano Lorenzo Raggi, autore, quest’ultimo, del famigerato Ballo del qua qua. Mentre la musica, dopo un primo tempo che suscita più di un imbarazzo per la disinvolta commistione dei generi, si riprende con certe - anche se scarse - eleganze timbriche che, nel secondo, evocano a tratti l’ombra di Offenbach.


Ma quel che manca è la coesione dell’insieme che procede faticosamente a quadri staccati che invano cercano quell’unità strutturale indispensabile a suscitare l’ampio respiro del pathos che solo giustifica l’esistenza dell’opera.

IL PRINCIPE DELLA GIOVENTÙ - di Riz Ortolani. Regia, scene e costumi di Pierluigi Pizzi. In tournée

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