Zaino in spalla, abito sportivo-elegante, cravatta col nodo appena appena allentato, e soprabito chiaro col bavero all’insù. Manca solo la bicicletta elettrica, che ormai, da mezzo di trasporto veloce nel traffico, si è trasformata in icona irrinunciabile ed è ferma poco distante. Sono passate da poco le 10 e mezza di ieri, dunque, quando lui, Enrico Musso, candidato della Casa delle libertà a sindaco di Genova, si mette in marcia nel centro storico per incontrare la gente e, soprattutto, dialogare, informarsi, capire un po’ di più e un po’ più a fondo la realtà dei carruggi, in diretta. Tutto questo anche nella prospettiva di sfidare l’avversaria del centrosinistra, Marta Vincenzi, sul «suo» terreno: «Lei ha detto che non vuole confrontarsi con me nei dibattiti televisivi? - annuncia Musso -. E allora io dibatterò con lei in strada, dovunque andrà ci sarò io a esporre il mio programma davanti ai cittadini. Sarà un bel duello! Allora vedremo chi avrà più cose da dire». Intanto, nella città antica, gli fa da cicerone Franco Marenco, uno che i vicoli li conosce a memoria, li frequenta abitualmente e volentieri, senza pregiudizi, ma anche senza retorica di maniera. Fa anche da ariete, l'ex deputato e consigliere comunale di An, nell'introdurre il professor Musso, nel presentarlo alle persone in transito, ai commercianti, agli artigiani: «È il nostro candidato, mi raccomando - insiste Marenco -. Spiegategli bene come vivete e come lavorate nella città antica, così bella e altrettanto degradata per l'incuria degli amministratori». E la gente non si sottrae: si fanno incontro a Musso, lo interrogano sui programmi e lo incalzano con i loro problemi. Che poi sono i problemi di tutti. «Sono 52 anni che questo negozio di gioielleria sta qua - dichiara Antonio Terzo -. Ho visto tante saracinesche abbassarsi, ma io non mollo. Ho passato i 70, ma resisto». Gli risponde subito Musso: «Voi esercitate una fondamentale funzione di presidio, finché rimanete qui c'è speranza di contenere il degrado. Ma ci vuole anche un sostanziale aiuto da parte del governo della città, sotto forma di vigilanza, installazione di telecamere, controlli». Non fa promesse solenni, il candidato, e ammette che non si possono fare rivoluzioni in un amen: «Però dobbiamo incominciare, questo sì, a invertire la rotta». Altro che ripetere gli slogan consunti su «Genova è più bella»: a due metri da Musso e Marenco un signore di mezza età sta rovistando in un cassonetto della spazzatura. E poco più avanti, «guarda! - attacca ancora la guida dell'avversario di Marta Vincenzi -, guarda quelle scritte inqualificabili sui muri della chiesa, che inneggiano alla criminalizzazione di preti e poliziotti. Una vergogna!».
Degrado è anche questo, basterebbe un po' di vernice per evitare che l'exploit di un cretino si trasformi in un tazebao a perpetua memoria. E invece... Via San Donato, San Bernardo, Canneto il Curto: la marcia non conosce soste. Musso viene fermato dai due giovani extracomunitari, titolari di un punto vendita di kebab. Gli spiegano - a voce bassa, quasi avessero timore di farsi ascoltare da orecchie indiscrete - le loro difficoltà. «Vengo a trovarvi una sera di queste» promette il candidato. A Sottoripa, una sosta veloce in pescheria per l'assaggio estemporaneo di una fetta di carpaccio di pesce spada, un'altra sosta al bar ristorante di Alessi all'inizio dei portici, l'unico momento per concedersi una pausa caffè e rispondere a altre domande degli avventori. «La manutenzione degli spazi dev'essere costante - ribadisce Musso -, ne va anche della sicurezza».
Gli interlocutori non demordono. Anche se vanno di fretta trovano modo di fermarsi qualche minuto a parlare, non c'è niente di forzato, di cortesia formale, molto invece di voglia di ragionare in maniera costruttiva. Il giro si prolunga oltre misura, Marenco pensa già che «dovremo organizzarne un altro, di tour, abbiamo trascurato troppe zone». In vico Carlone il titolare di un negozio apre il libro: «Ci sono bande di extracomunitari che imperversano, impunite, sotto gli occhi di tutti. Qui vicino, a Banchi, c'è un magazzino che si è trasformato in una sorta di borsa merci rubate. Le forze dell'ordine sono frustrate, intervengono, ma dopo mezza giornata i fermati sono fuori. A rimetterci sono gli stranieri corretti, onesti, in regola, che vengono inevitabilmente coinvolti nel giudizio negativo». La soluzione? Musso e il negoziante concordano: «Il rispetto delle regole». In via dei Macelli di Soziglia il fruttivendolo «Da Vivi & Mauro» esibisce un trionfo di mercanzia e la voglia di approfondire il confronto. Arriva l'ora di chiusura, Marenco e Musso salgono per Salita Santa Caterina e incrociano il professor Sergio Maria Carbone. È l'occasione per uno scambio di idee «on the road»: l'avvocato e amministratore di aziende si congratula innanzi tutto per la scelta dell'«ottimo candidato», poi si ferma a discutere a lungo sulle esigenze della città. È la chiusura di una mattinata intensa.
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