Un anno fa, quasi di questi tempi, il Milan volò a Napoli dopo aver ricevuto una lezione dal Real Madrid di Mourinho: 0 a 2 sulla schiena e molti ringraziamenti ad Amelia per aver evitato la goleada spagnola. Quel Milan fu capace di ribellarsi al destino cinico e baro inventandosi un colpo d'ala: Robinho e Ibrahimovic, azionati da Oddo, furono gli autori dellimpresa che diede slancio ad Allegri e spazio alla classifica del Milan. Ecco: uno scudetto dopo, a Napoli, reduce dal 2 a 2 di Barcellona, non ci sono nessuno dei tre nelle file milaniste, uno perché trasferito a Lecce, gli altri due perché afflitti da noiosi incidenti (pubalgia per il brasiliano, lesione alladduttore per lo svedesone). E il punto è che non sono poi gli unici, tanto da costringere Allegri a rimpolpare il gruppo dei convocati con una serie di giovanotti provenienti dalla primavera (tra questi il più promettente, Valoti, è destinato a un posto in panchina). «Ho una squadra capace di orgoglio e di classe» è la risposta di Allegri il quale non vuole certo presentarsi in pubblico come fa il suo collega Mazzarri, detto appunto «lamentino». Il tecnico napoletano è il solito «piangina». Sentiti gli ultimi lamenti: «abbiamo un giorno in meno per recuperare le forze» il primo, «non cè paragone tra il monte stipendi delle due squadre» il secondo. Come se facesse sempre premio il soldo rispetto al talento: in tal caso il Real Madrid dovrebbe tutti gli anni prendere il posto del Barcellona.
Questo, allora, è un altro Napoli-Milan molto diverso dalle ultime due edizioni ed anche un'altra storia. Per le tante assenze che dalle parti di Castelvolturno si limitano a Lavezzi («deciderà il medico se utilizzarlo o meno») mentre Allegri ha una lista lunghissima (agli otto noti si è aggiunto ieri Zambrotta rimasto a casa per recuperare: «non li riavremo che dopo la sosta azzurra» la previsione più attendibile). Sull'argomento Allegri fa il filosofo ma è evidente che le assenze gli bruciano. «Un anno fa al completo facemmo 5 punti in 4 partite, le prime, poi senza Ibra ci riuscì il filotto decisivo» il suo amarcord cui magari assegna il valore di un esorcismo. «Alla seconda giornata la sfida non deciderà certo lo scudetto» è il parere del livornese in casacca rossonera. «Penso a una rivincita rispetto all'anno scorso» è il parere dell'altro livornese (di scoglio) in casacca azzurra. Perciò è il Milan che deve allacciare le cinture prendendo spunto dalla prova di grande maturità tattica fornita, in fase difensiva, al Camp Nou. «Ma non si è trattato di catenaccio»: Allegri ha provato a liberarsi di questo sfregio sulla facciata del club più titolato al mondo prima di rivendicare al proprio libero arbitrio la scelta di giocare con due attaccanti col sostegno del tre-quartista. Cassano deve far compagnia a Pato in modo concreto senza abbandonarlo al proprio destino, come accaduto a Barcellona: per lui è una sorta di grande prova dappello. In panchina, a disposizione, questa volta ci sarà El Shaarawy sul conto del quale si sprecano le previsioni ottimistiche. La più recente, e anche la più impegnativa, porta la firma di Pato addirittura. Dal quale sono arrivate le seguenti profezie: «Se mantiene fede a questo inizio, può diventare anche più forte di me nei prossimi anni». Ipotizzabile un suo intervento dalla panchina a sfida in corso perché Allegri giudica il giovanotto non ancora in grado di affrontare un impegno terribile come quello di Napoli. Stadio tutto esaurito, 80 mila paganti, e una voglia matta di vendicare le due sconfitte del torneo precedente.
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