da Napoli
Per fortuna che c’è Laricchio. Quasi un eroe. Ad attendere uno dei politici più potenti d’Italia, l’ex presidente dei Ds Massimo D’Alema, vicepresidente del consiglio, ministro degli Esteri e capolista in Campania alla Camera, c’era solo lui: Genny Laricchio. Ex tossicodipendente, 26 anni a caccia di lavoro, all’arrivo del «líder Maximo», a Napoli per portare a termine la mission impossible di far restare nelle mani del centrosinistra la regione governata da Antonio Bassolino, si è fatto avanti e i due hanno discusso per qualche minuto. «Onore’, facite qualcosa per i tossicodipendenti. Io ne sono uscito ma altri no. Per chi vuole rifarsi una vita, lavoro non se ne trova».
Ma torniamo un attimo indietro, alle ore 10.52, quando il treno veloce proveniente da Roma Termini conclude la sua corsa nella stazione di Napoli Centrale. Dal supertreno escono due viaggiatori che più vip non si può: il ministro D’Alema e il «capo» dei treni italiani, l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti. Con D’Alema ci sono alcuni giornalisti della stampa estera, mentre, davanti al binario 12, dove si è fermato il treno, c’è un gruppetto di cronisti di testate napoletane, in attesa di intervistarlo. In tutto, con la scorta dalemiana e tre ex esponenti degli ex Ds accorsi per dargli il benvenuto, una ventina di persone. Una miseria. Non ci sono i vertici del Pd, non ci sono gli ex diessini, non ci sono i fedelissimi della Campania.
Qualche passeggero lo riconosce, ma tira dritto. Eppure dovrebbe essergli riconoscente, visto che per l’occasione ieri mattina l’intera zona della stazione era stata tirata a lucido. Via i barboni, via i loro cartoni e i materassi vecchi e sudici, via gli extracomunitari con le loro bancarelle illegali, via i parcheggiatori abusivi, via i venditori di merce rubata e via anche i tossicodipendenti. Del resto la visita di D’Alema ha reso tutta Napoli miracolosamente pulita: un ministro non può passare attraverso il degrado, la stampa estera deve vedere una città sulla via della rinascita, soprattutto dopo che le immagini della munnezza hanno fatto il giro del mondo.
D’Alema esce dalla stazione ma, a cinquanta metri dall’albergo dove lo aspetta il pulmino che deve condurlo all’imbarcadero per Ischia, c’è l’imprevisto: un centinaio di tassisti, in attesa di clienti. Applausi? Macché. Un impietoso coro di «Viva Berlusconi» e «Silvio! Silvio! Silvio!» con tanto di «Siete la rovina dell’Italia: jatevenne» e, a ritmo da stadio: «a lavorare, andate a lavorare», con inevitabile attacco al pacchetto di liberalizzazioni firmate Bersani con il governo Prodi: «Volete liberalizzare le licenze? Li vedi quanti siamo? Stiamo qui da due ore e non si vede neppure un cliente». D’Alema accelera il passo, svolta la parete di lamiere dell’eterno cantiere davanti alla stazione e si avvia verso il pulmino.
Ma non è finita. È in quel momento che fa la sua comparsa Laricchio l’ex tossico. Arriva anche un extracomunitario, e anche lui ha delle rivendicazioni da fare: «Devi dare i permessi di soggiorno ai marocchini», dice. Infine un uomo sui cinquanta, anche lui ha qualcosa da chiedere al ministro: «Qual è il programma del Pd per i giudici di pace?». Caspita, ci mancava pure questo. D’Alema si spazientisce, e tenendosi stretto sotto braccio Laricchio replica stizzito al signore: «Si sta parlando d’altro». E che diamine. Come una liberazione, finalmente Massimo raggiunge il pulmino e si lascia alle spalle la Stazione centrale.
Pochi minuti dopo, lungo lo stesso tragitto percorso da D’Alema, ritornano i parcheggiatori abusivi, i due soliti «commercianti» di siringhe per l’insulina e di acqua distillata da vendere ai tossicodipendenti, gli extracomunitari con i loro «fazzoletti» ricolmi di merce da denuncia per ricettazione, i ricettatori di telefonini rubati.
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