Napolitano a Bush: «Caro presidente, in Italia clima nuovo»

da Roma

Lamiere, gas di scarico, poi un urlo che sovrasta i clacson: «Aridatece Gregory Peck». George Bush spunta dopo mezz’ora, lo si intravede appena mentre fa ciao ciao con la manina dalla limousine nera, prima di sparire verso il Quirinale. Del resto non siamo sul set di Vacanze romane, ma in una piazza Venezia dove ribolle la furia degli automobilisti. E stavolta l’antiamericanismo non c’entra, è solo rabbia da traffico. La città è corazzata, la circolazione paralizzata, i tombini divelti, i cassonetti rovesciati, gli elicotteri rumorosissimi, i tiratori con il colpo in canna, gli F-16 pronti al decollo e le squadre speciali attrezzate per un attacco chimico o nucleare. Ovviamente non ce n’è nessun bisogno anche perché, come gli spiega Giorgio Napolitano, «caro presidente, lei arriva in un’Italia diversa che ha un nuovo clima costruttivo» e che ha meno divisioni in politica estera.
Sesta visita in otto anni, George W. ormai si sente quasi uno di casa. La sua vacanza romana inizia a Villa Aurelia con un incontro con un gruppo di borsisti del programma di studio internazionale Fulbright Best, un’ottima occasione per denunciare «la propaganda e la disinformazione che distorcono la nostra immagine, che in realtà è quella di un Paese solidale, aperto e che ha a cuore i destini delle persone». Ed è l’occasione giusta anche per fare, come si dice a Roma, «il piacione», strizzando l’occhio a una Letizia Moratti di rosa vestita.
Il secondo appuntamento è al Quirinale, dove lo accoglie il picchetto d’onore dei granatieri di Sardegna e un drappello di corazzieri in alta uniforme. Bush ci arriva dribblando blocchi stradali e auto incolonnate. Napolitano lo aspetta sotto i lampadari di Murano nella Sala del Bronzino. «How are you», una stretta di mano e i due spariscono nello studio alla Vetrata. È il terzo faccia a faccia tra i due presidenti. Il colloquio è in inglese, senza interpreti, in un’atmosfera definita di «cordiale affabilità». Il capo dello Stato ringrazia Bush per il riconoscimento concesso alla comunità italiana che vive negli Stati Uniti quando ha proclamato il 2 giugno «Italian Independence Day». Poi gli racconta le ultime sulla situazione politica del Bel paese.
Dopo le elezioni del 13 aprile, gli spiega, ci sono infatti delle importanti novità. Con l’assetto che è uscito dalle urne e «il clima più costruttivo» e di dialogo tra i poli, si consoliderà la condivisione degli indirizzi fondamentali della politica estera dell’Italia. Bush ascolta «compiaciuto». Poi si passa agli altri temi in agenda. La crisi dell’economia internazionale che presenta «aspetti di dimensione globale», i problemi per le materie prime, il cibo, l’energia. Poi il G8 del 2009 che si svolgerà in Italia, l’Africa, il recente vertice della Fao, il Medio Oriente, la lotta al terrorismo, la criminalità organizzata.
Il colloquio dura quaranta minuti. All’una inizia la colazione: cavatelli alla verdura, lombata di vitella, melanzane alla parmigiana, millefoglie e spumante Ferrari. Il presidente americano mostra di apprezzare il menù. «Magnifico ricevimento, magnifico palazzo - racconterà più tardi il capo del protocollo della Casa Bianca Nancy Goodman Brinker - un pranzo squisito, lui è un estimatore della cucina italiana». Quando il ricevimento finisce Bush guarda l’orologio è stabilisce che c’è ancora po’ di tempo prima del prossimo impegno. Così chiede a Napolitano se per favore può mostragli il Quirinale. «Sono venuto più volte, ma non l’ho mai visto bene. Mio padre George e mia madre Barbara mi hanno più volte parlato delle bellezze del palazzo dei Papi». «Sure», risponde il capo dello Stato che s’improvvisa Cicerone e porta l’ospite nel salone dei Corazzieri, nella Cappella Paolina e un rapido giro nell’ala storica. «Wonderful», commenta Bush al momento dei saluti.
Il corteo ci mette solo cinque minuti per tornare a Villa Taverna, dove alle 17 lo raggiunge la moglie Laura in arrivo da Parigi. Roma intanto è bloccata, nonostante i seicento vigili urbani impegnati sul percorso, le chiusure «a soffietto». File mostruose ai Parioli, qualche fischio al passaggio delle auto, problemi anche per un paio di ambulanze. E c’è pure un piccolo incidente diplomatico: Gioconda Galan Castelo, ambasciatrice dell’Ecuador, protesta per «l’atteggiamento intimidatorio della polizia italiana che mi ha impedito fisicamente di raggiungere l’ambasciata».
In serata il vertice con Silvio Berlusconi a Villa Madama.

Sul tavolo i rapporti bilaterali, l’impegno italiano in Afghanistan e l’eventuale ingresso di Roma nel gruppo cinque più uno per l’Iran. Più leggero il programma gastronomico: penne tricolori, filetto e gelato. «Ogni volta torno da Roma più grasso», si lamenta alla fine George W, mentre Laura è a cena fuori. Da sola.

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