Napolitano a Capodanno: «Guardate lontano» e lavorate per famiglie e giovani

Il capo dello Stato parlerà per una ventina di minuti e lancerà un appello alla coesione: servono «serietà» e «misura» per superare la crisi. Un discorso rivolto alla gente comune, fuori del palazzo, con un richiamo alle prossime celebrazioni dei 150 anni dell'unità d'Italia

Un occhio ai giovani e al futuro, l'altro occhio alla crisi economica internazionale che ci costringe, oggi più mai, «alla coesione sociale» e al «senso di responsabilità». Giorgio Napolitano parlerà poco, tra i 15 e 20 minuti, e parlerà ai ragazzi, alle famiglie, ai lavoratori. Parlerà insomma agli italiani che sono fuori dal palazzo ma che dovrebbero essere ben dentro i pensieri della politica. La gente comune per la quale le istituzioni e i partiti devono smettere di litigare e riuscire «a guardare lontano» per cogliere l'appello all'unità che arriva da vari settori della società civile.
Sono questi, secondo le indiscrezioni della vigilia, alcuni dei punti-chiave che il presidente della Repubblica toccherà nel suo discorso di Capodanno. Agli italiani, il capo dello Stato - che 24 ore prima del messaggio alla nazione, ha significativamente promulgato, seppure «con osservazioni», la riforma dell'università varata dal governo - riconoscerà pubblicamente il merito di avere fronteggiato al meglio le difficoltà provocate dalla crisi economica, dando «prova di serietà e solidarietà». Doti che invece spesso scarseggiano sul versante politico, caratterizzato da un duro scontro tra i partiti che tende a sfociare nella delegittimazione reciproca.
Più volte, nei suoi ultimi interventi pubblici, il capo dello Stato ha esortato la partiti a dimostrare senso di responsabilità e di unità. Un appello espresso anche in occasione del recente scambio di auguri con le altre alte cariche dello Stato, ma che nel discorso alla nazione in programma domani dovrebbe essere declinato in termini più direttamente rivolti ai comuni cittadinì.
Tra le sfide che attendono il Paese, più di un cenno dovrebbe essere riservato da Napolitano all'azione di contrasto alla disoccupazione, alla riduzione del debito pubblico, al superamento del divario tra Nord e Sud, al mantenimento e rafforzamento del radicamento europeo. Sfide che, secondo la prospettiva del Quirinale, tanto meglio potranno essere affrontate quanto più si saprà fare tesoro dei valori che originarono il percorso culminato 150 anni fa nell'unificazione dell'Italia paese. Come sempre, il capo dello Stato si guarderà dal rischio di intromissioni nel confronto tra le forze politiche e tra maggioranza e opposizione. Una cautela che non gli impedirà di rammentare alla nazione il valore della continuità e della stabilità istituzionale. Tanto più alla luce del rischio che un'eventuale crisi di governo - scongiurato a metà dicembre dal superamento della verifica parlamentare da parte dell'esecutivo - e un ricorso anticipato alle urne, in caso di mancanza di vie alternative, si verifichino proprio mentre il paese è impegnato a festeggiare il suo «giubileo laico», oscurandone il significato.


Lo scorso anno il presidente si soffermò sullo stato di salute del Paese, non ancora emerso dalla crisi globale, auspicando riforme economiche e sociali ma anche istituzionali e della giustizia. Che richiedevano - annotazione valida di certo anche per l'oggi - il superamento di un «clima di sospetto» e di pregiudizi tra le forze politiche. Finora è rimasta una speranza.

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