Napolitano frena Gianfranco sulla giustizia

RomaProcessi «troppo lunghi» e pure poco «giusti». Tempi biblici che mettono a rischio la «fiducia della gente». Situazioni insostenibili dalle quali uscire con «scelte coraggiose». E una lista di suggerimenti per migliorare le cose: «semplificare le procedure», ridurre «i costi», recuperare «uno scatto d’efficienza». Poche parole, ma abbastanza chiare per agitare il mondo politico. Che succede? Il capo dello Stato apre al processo breve proprio mentre si riaccende lo scontro tra Pdl e Fli sulla giustizia e sullo scudo per le alte cariche?
Giorgio Napolitano non vuole entrare nei particolari del dibattito. Ma che a suo avviso una riforma sia urgente, lo si capisce da quanto scrive in un messaggio all’Abi in occasione di un forum sulla giustizia elettronica. «Più volte ho ricordato che l’eccessiva durata dei procedimenti - avverte infatti il presidente della Repubblica - mina la fiducia dei cittadini nel servizio giustizia e compromette anche la capacità competitiva del nostro Paese sul piano economico».
Le tecnologie e l’informatica possono aiutare a snellire il pachiderma, ma la cosa importante è «che si garantisca la piena attuazione dei principi del giusto processo». E visto che un procedimento lungo non può essere giusto, «il recupero della piena funzionalità del sistema esige scelte coraggiose che ne riducano i costi di gestione e ne semplifichino le procedure». Serve, conclude Napolitano, «il contributo di tutti gli operatori e di tutte le realtà interessate». E bisogna fare in fretta: «Il Paese attende da tempo questo scatto di efficienza».
Le frasi del capo dello Stato arrivano proprio mentre lo strappo nella maggioranza si aggiunge di un nuovo capitolo, le dichiarazioni di Gianfranco Fini alla stampa estera: «Il governo può cadere davvero sulla giustizia». «Il presidente della Camera dovrebbe ascoltare le riflessioni di Napolitano in materia di durata dei processi - commenta Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera -. Infatti c’è un’ipotesi di forma globale della giustizia che è contenuta nel programma elettorale e che comprende pure uno scudo per le alte cariche dello Stato».
Dunque la tensione resta alta: se non c’è aria di crisi, sicuramente soffia un vento forte di instabilità, nonostante i ripetuti inviti del Colle ad abbassare i toni. In questo quadro di può leggere anche il messaggio all’Abi, in un tentativo cioè di riportare i problemi italiani al centro del dibattito. Del resto tutti i più recenti interventi di Napolitano sono stati degli appelli alla stabilità e alle «riforme necessarie». L’ultimo venerdì scorso da Oporto quando, a margine del vertice Cotec con Juan Carlos di Spagna e il presidente portoghese Cavaco Silva, ha richiamato alla «responsabilità della politica».
Dopo un estate di risse di veleni, questo il ragionamento presidenziale a Oporto, è giunto il momento di risolvere i problemi e di dimostrare che si vuole far proseguire la legislatura. E allora, «quale migliore occasione della legge di bilancio per un confronto parlamentare» su crisi economica, scuola, infrastrutture, innovazione? Argomento sul quale il capo dello Stato torna in serata, quando Giulio Tremonti sale sul Colle per illustrargli le linee guida del ddl sul bilancio. Napolitano quindi, pur senza farsi troppe illusioni, spera ancora che la situazione regga.

Ma si prepara anche all’ipotesi B, la crisi. Se Berlusconi cade, le consultazioni sono sicure, il governo tecnico (quasi) impossibile: dovrebbero presentarsi con programma e numeri veri per convincerlo a non rispettare il voto del 2008.

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