Politica

Ma Napolitano frena sulla crisi

da Roma

Sì, è vero, c’è «un alto grado di intossicazione politica», c’è un deficit di «efficienza del sistema» e c’è pure, come ha detto l’altro giorno a Ferrara, un Paese reale molto diverso «dal clima che si respira affacciandosi dal Quirinale». Giorgio Napolitano vede lo sfarinamento progressivo della maggioranza e le difficoltà del governo di saltare l’asticella della Finanziaria. Sente anche lui l’aria di pre-crisi e osserva con preoccupazione le liti quotidiane nel centrosinistra: ultimi esempi, il duello tra Mastella e Di Pietro, uno «scontro» che viene seguito con «irritazione», e il caso-De Magistris, che forse finirà presto davanti al Csm che lui stesso presiede. Ma tutto ciò, visto dalla prospettiva del Colle, non significa che in primavera si torni a votare.
Prima bisogna vedere se si aprirà davvero la crisi. Certo, Prodi potrebbe andare a scivolare sugli emendamenti: ne sono stati presentati tantissimi, nonostante le pubbliche esortazioni del presidente. Ma secondo Napolitano il Professore finirebbe ko solo se venisse bocciato su uno dei previsti voti di fiducia. Allora sì che sarebbe definitivamente steso. Però anche in quel caso lo scioglimento delle Camere non è automatico. A quel punto infatti si metterebbe in moto il meccanismo istituzionale previsto dalla Carta, e cioè le consultazioni al Quirinale dei gruppi parlamentari. E lì, nello studio alla Vetrata, si conteranno le volontà delle varie forze politiche: il presidente può, anzi deve, mandare tutti a casa subito soltanto se glielo chiederà la maggioranza dei partiti. Sarà così? A febbraio scorso, quando Prodi inciampò sulla politica estera, la Cdl non si presentò con un’indicazione univoca.
Il capo dello Stato, lo ha detto più volte, non vorrebbe rimandare l’Italia alle urne senza che prima venga cambiata la legge elettorale. Quella attuale consente ai poli di vincere ma non di governare con sufficiente margine. Servirebbero poi delle riforme per assicurare «stabilità» al quadro politico e «restituire competitività al sistema» economico. Un gabinetto di transizione? «Le istituzioni - ha spiegato a Ferrara di fronte a una platea di imprenditori e banchieri - devono poter operare con continuità. Ci sono problemi che non possono essere riproposti ogni volta che cambia il governo». Questo non significa che Napolitano vuole allungare per forza il brodo: anzi, fa sapere di essere contrario a manovre di «bassa cucina». Molto apprezzati poi gli ultimi interventi di Mario Draghi, piuttosto critici nei confronti dell’esecutivo: «Tengo molto ai giudizi della Banca d’Italia».
Osservati speciali, come al solito, i conti pubblici. Eppure, il trovarsi a metà dell’approvazione di una Finanziaria, stavolta non viene considerato un ostacolo: basta ricordare le dimissioni di Massimo D’Alema nel 1999. Perciò, cercare di strappare un orientamento del presidente in caso di crisi viene definito «un esercizio prematuro». Dipende tutto da quello che succederà nelle prossimi giorni. Tra poche ore si comincerà a votare, e quello può già essere un test. Ma la parola definitiva sarà ai gruppi parlamentari.

Se e quando ci sarà la crisi.

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