Roma - Cinque all’inizio, tra una stretta di mano, una photo-opportunity e la presentazione di un libro di Antonio Martino. Altri tre o quattro alla fine della conferenza, mentre lasciano la Sala della Lupa. In tutto, dieci minuti scarsi. Pochi, troppo pochi per improvvisare un vertice, per studiare una strategia di sminamento. Abbastanza però per scambiarsi informalmente qualche idea e abbozzare un percorso di uscita. Il primo a parlare è Giorgio Napolitano: «E ora cosa pensa di fare?». Il Cavaliere allarga le braccia, sostiene che si tratta di «un problema tecnico, non politico», dice di non avere intenzione di dimettersi, afferma che l’articolo bocciato può essere riformulato. Ma per il capo dello Stato tutto ciò non basta: a questo punto il governo, spiega, per confermare di avere ancora i numeri deve chiedere la fiducia. «Non si può far finta di niente. Qualcosa è successo».
«Qualcosa» è la sconfitta sul rendiconto dello Stato. L’esecutivo insomma non è andato sotto su una legge qualsiasi: adesso, per riuscire a rincollare tutti i frammenti, Palazzo Chigi dovrà seguire una precisa procedura. E chissà se sarà sufficiente. Napolitano e Berlusconi ne accennano alla Camera, in un colloquio-flash. L’intorno ravvicinato avviene alle sei di sera, poco dopo la bocciatura dell’articolo uno del bilancio. Il capo dello Stato e il premier sono lì per la presentazione del libro Gaetano Martino, 1900-1967 e vengono accolti nell’anticamera della Sala della Lupa dal vicepresidente di Montecitorio Antonio Leone. Gianfranco Fini, impegnato in una riunione urgente dei capigruppo convocata subito dopo la sospensione della seduta, li raggiunge qualche minuto più tardi, dopo che i due hanno cominciato a esaminare le situazione. Napolitano è sempre più preoccupato» per la tenuta della maggioranza, che si somma al problema della gestione dell’economia di fronte alla crisi finanziaria, e perciò giudica grave la ferita che si è aperta sul rendiconto. Il Cav non minimizza l’incidente, ma fa notare che si tratta di un provvedimento poco più che formale.
Arriva Fini, si intrattiene anche lui con il capo dello Stato. Un’ora più tardi, al termine della cerimonia, il presidente della Camera si ferma ancora a parlare con Napolitano e lo informa ufficialmente su quanto è accaduto in aula, sulle decisioni della conferenza dei capigruppo e sulle prossime mosse della Camera: oggi alle 10 si riunirà la giunta per il regolamento e subito dopo verrà nuovamente convocata la capigruppo. E alle 13 in aula le comunicazioni del presidente, che in parte Fini già anticipa: «È un fatto senza precedenti, al momento non è chiaro nemmeno se, dopo la bocciatura dell’articolo 1, potrà sopravvivere il rendiconto».
Dopo avergli descritto il quadro e anche la cornice, Fini accompagna il capo dello Stato dalla Sala della Lupa giù lungo i corridoi dei Montecitorio, fino al portone principale. All’uscita, prima di salire sull’auto, Napolitano trova un piccolo bagno di folla. «Presidente, fai qualcosa, pensaci tu», grida la gente tra gli applausi. Lui si limita a sorridere a fare ciao ciao con la mano. Quanto a pensarci e a fare qualcosa, il Quirinale ha deciso di prendere tempo.
Dunque, niente mosse affrettate, nessuna richiesta di dimissioni al Cav, come chiede l’opposizione. Il Colle, fanno sapere, è «in una vigilanza attenta e estrema», ma resta in attesa di «atti e di deliberazioni che devono prendere altri organi istituzionali».
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