Nel fortino rosso sotto assedio: «L’aria è pesante»

Fra i dipendenti c’è chi conferma la fiducia ai vertici: i giornali esagerano. Ma qualcuno parla di «megalomani ai piani alti»

Andrea Tornielli

nostro inviato a Bologna

Passano in fretta, qualcuno ha in mano il panettone, qualcun altro tiene ben ripiegati sottobraccio il fascio di quotidiani che «sbattono» in prima pagina l’inchiesta sull’intraprendente presidente Giovanni Consorte. Pochi hanno voglia di parlare. Venerdì pomeriggio, via Stalingrado a Bologna, quartier generale Unipol, il grande complesso di colore marrone scuro che riunisce i gioielli del gruppo nel cuore rosso dell’Emilia Romagna. Il clima è gelido, non soltanto a causa del freddo pungente e della nebbia che incombe.
«Ai piani bassi – dice un impiegato che chiede l’anonimato – tutto continua come prima, lavoriamo normalmente. Certo, ai piani alti l’aria da quel che vedo è pesante, i dirigenti sono preoccupati. Qualcuno sta cercando di mettere in difficoltà Unipol. Ma c’è anche, credo, un problema di megalomania del presidente, perché cercare di acquisire una società che è grande quattro volte la nostra significa fare il passo più lungo della gamba...». Che i dipendenti del gruppo si sentano sotto assedio, lo dimostra la reazione di un impiegato di Unipol Banca, che lasciato il lavoro allo sportello si concede una sigaretta e al cronista «armato» soltanto di penna e bloc-notes che gli rivolge una domanda e appunta la risposta, chiede impensierito: «Non mi starà mica facendo l’identikit, vero?». Sotto accusa c’è, come capita spesso, la stampa: «Non credo che i media si stiano comportando bene – sussurra l’impiegato dopo essersi assicurato che nessuno gli stia facendo il ritratto – perché collegare il caso Fiorani e Popolare di Lodi con altre vicende non è corretto».
Tra i molti che sfuggono o che si limitano a qualche battuta senza rivelare nemmeno il nome di battesimo, c’è anche l’eccezione di chi ci tiene a manifestare la sua fiducia a Consorte e l’orgoglio di lavorare in un «grande gruppo». «I nostri dirigenti sono persone serie, lavorano quindici ore al giorno. Sto in Unipol da trent’anni, c’è un grande senso di appartenenza», confida Mauro Quercioli, uno dei responsabili della rete di Unipol Banca. «Non credo che l’acquisizione di Bnl rappresenti per noi un passo più lungo della gamba – continua –. Noi abbiamo più di quattro milioni e mezzo di assicurati che possono diventare clienti della banca e in molti casi già lo sono. Questo accade in altri Paesi europei, pare però che in Italia una strategia del genere non sia possibile...».
Davanti all’ingresso principale, di fronte alla fontana con il logo Unipol, ci sono alcune auto blu con gli autisti che saltellano per combattere il freddo. «Saranno le macchine degli avvocati, sa, di questi tempi...», dice con una punta d’ironia un anonimo dirigente appena uscito da una riunione. «Siamo delusi per come questa vicenda viene trattata sui giornali – dice Sergio, un suo collega –. Si fa del terrorismo psicologico verso i risparmiatori, con paragoni che non hanno ragione di esistere».
Un altro dirigente esce alla chetichella. «Da tempo ormai siamo sotto tiro – dice – ma andiamo avanti lo stesso. Credo sia tutta una manovra per ritardare le autorizzazioni, per impedire che l’acquisizione vada in porto. Sono mesi che la Procura di Roma indaga sulla denuncia fatta dagli spagnoli, mi chiedo come mai la bufera scoppi proprio ora!».
Un impiegato con i capelli bianchi e gli occhialetti alla Gramsci esce con i giornali sottobraccio. Ostenta tranquillità ma preferisce dire soltanto il nome, Giuliano. «Il clima sul lavoro? Normale, andiamo avanti, sappiamo di appartenere a un’azienda sana, comunque vadano le cose. C’è accanimento e strumentalizzazione contro di noi, è evidente che l’operazione per acquisire Bnl “non s’ha da fare”. Lavoro qui da 33 anni e so di far parte di un’azienda solida, seria, corretta». Anche Pierluigi Morgani, responsabile di Unipol Banca per la Romagna e il suo collega Alberto Clapci, responsabile per l’Emilia, non hanno dubbi sulla correttezza dell’operato di Consorte. Prima scherzano: «I titoli dei giornali? È sempre pubblicità...». Poi tornano seri e puntano sulle cifre: «Dai numeri emerge la positività del nostro lavoro, lo sviluppo del gruppo, la creazione di nuovi posti di lavoro, il circolo virtuoso dell’economia. Lo scriva che Unipol Banca non ha mai cercato di vendere né ha mai venduto ai suoi clienti i prodotti finanziari della Cirio, della Parmalat o i bond argentini. Abbiamo venduto solo polizze vita che hanno garantito un ottimo rendimento».


Le domande sul futuro se le fa anche chi non si dedica alla raccolta di fondi, ma delle foglie secche sul piazzale: «Non mi chieda nulla – dice un addetto alle pulizie con i capelli bianchi e le mani callose – perché mi faccio già tante domande da solo. Ci obbligano a fare una colletta tra i dipendenti delle pulizie per pagare le multe per i sacchi della spazzatura fuori posto e poi loro, che di soldi ne hanno già tanti, li buttano dalla finestra...».

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