Nel sangue di Michelle l’antenato scomodo: uno schiavista bianco

C’è un uomo bianco tra gli antenati di Michelle Obama, prima First Lady di colore della storia degli Stati Uniti. Il New York Times, con l’aiuto di una genealogista, ha scavato tra documenti ottocenteschi, certificati di matrimonio ingialliti e foto sbiadite, senza trascurare i ricordi di anziane donne legate alla famiglia Robinson e in grado di fornire indizi sulle sue più lontane vicende. E questo lavoro ha dato conferma alla imprecisa cognizione di Michelle, che sapeva genericamente che andando indietro nel tempo c’era un antenato bianco nella sua famiglia.
La figura chiave della ricostruzione effettuata dalla studiosa Megan Smolenyak è una certa Melvinia, ragazza quindicenne nel 1859 in South Carolina: erano, ancora per poco, i tempi della schiavitù per i neri d’America e Melvinia lavorava in una proprietà agricola dove si coltivava grano, mais, cotone e patate dolci, crescendo tra mucche, cavalli, maiali e pecore. Di lei si sa, da un documento del 1852, che il suo valore di schiava-bambina era stato fissato in 745 dollari. In quell’epoca era prassi comune che le giovani schiave di colore subissero violenze sessuali dai loro proprietari, o che comunque si trovassero coinvolte in relazioni al limite tra il consensuale e l’imposto con uomini bianchi. Melvinia, centocinquant’anni fa, rimase incinta e diede alla luce un figlio maschio che fu chiamato Dolphus e di cognome faceva Shields, come il suo padrone secondo l’uso dell’epoca. Quest’uomo, che come altri due dei quattro figli avuti da Melvinia fu iscritto nel censimento come «mulatto», è dunque uno dei trisnonni per parte di madre di Michelle Robinson, la moglie dell’attuale presidente degli Stati Uniti Barack Obama.
Non è stato possibile identificare il padre di Dolphus Shields, ma è comunque certo che si sia trattato di un bianco schiavista: evento relativamente comune, per le ragioni prima spiegate, nell’albero genealogico di numerose famiglie afroamericane. Di Dolphus Shields si conserva una fotografia che ne mostra tratti di entrambe le razze, tra i quali spicca una pelle piuttosto nettamente chiara. Era un uomo capace, un serio lavoratore che nel 1900, come risulta dai dati del censimento, era proprietario della casa in cui abitava a Birmingham, nell’Alabama. Un uomo che non parlava volentieri del passato da schiavi dei suoi familiari e che nel 1911 aprì un negozio di carpenteria che in anni di segregazione razziale sistematica era un raro esempio di punto d’incontro tra bianchi e neri: «I bianchi venivano da lui, si sedevano e conversavano», ricorda un’anziana donna che lo conobbe. Morì ultranovantenne nel 1950.
Suo nipote Purnell Shields, nonno della First Lady, decise di trasferire la famiglia a Chicago, nel nord degli States che allora offrivano molte opportunità di lavoro oltre che un contesto sociale meno sfavorevole per i neri d’America. Qui la futura signora Obama nacque nel 1964 da Fraser Robinson e Marian Lois Shields.
La First Lady non ha voluto commentare l’articolo del New York Times che ha portato alla luce, per quanto possibile, le sue radici familiari.

Il giornale scrive, senza approfondire, che tra gli antenati di Michelle Obama ci sarebbero anche degli indiani d’America, il che ha fornito a Edward Ball, uno storico americano che si occupa di ricerche genealogiche, l’occasione per definire la vicenda familiare della First Lady «rappresentativa di come ci siamo evoluti e di chi siamo oggi».

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