Un figlio procreato da tre genitori. Di fronte a una prospettiva di questo genere chi non prova un istintivo senso di disturbo? Ma non è questo il vero problema, la ragione può avere il sopravvento sull’istinto e il fastidio si può sempre scacciarlo dalla mente. La novità arrivata da Newcastle però, come altre ricerche estreme in questo campo, solleva altre questioni che invece non possono più essere accantonate in nome della libertà di sperimentazione.
Innanzitutto partiamo dalla tecnica utilizzata: in sostanza vengono sostituiti i mitocondri difettosi della madre naturale con quelli sani di una donatrice. Per quel che ne sappiamo, i mitocondri agiscono prevalentemente sulla produzione di energia, quindi questa manipolazione non dovrebbe influire effettivamente sulle caratteristiche identitarie del nascituro.
Ma manipolazioni così estensive dell’embrione comportano sempre un’elevata dose di rischio per il nascituro. Oltretutto eventuali conseguenze potrebbero risultare visibili anche molto tempo dopo la nascita, perfino anni dopo. Siamo sicuri che valga la pena di correre un rischio del genere? Sorge il dubbio che dietro alcune di queste sperimentazioni ci sia più l’interesse dei ricercatori e la brama di finanziamenti che non le reali necessità di una coppia desiderosa di avere figli.
Pur non determinando l’identità del nascituro, i mitocondri sono di «qualità» diversa da soggetto a soggetto e influenzano la longevità, l’invecchiamento e la predisposizione ad alcune patologie. Dunque in studi come quello di Newcastle il sottofondo eugenetico è insito nella motivazione stessa della ricerca: consentire ai genitori di ordinare un embrione «tailor made», fatto su misura, anche se più sotto il punto di vista della salute che quello dell’aspetto fisico. La discriminazione si verificherebbe nel momento in cui solo chi ha denaro sufficiente potesse permettersi di ricorrere a trattamenti di questo genere.
E non si può nemmeno invocare la solita scusa del fine terapeutico. Certo, se di fronte a un embrione con i mitocondri difettosi fossimo in grado di sostituirli con un trapianto ci troveremmo in una situazione analoga e non avremmo nulla da ridire sul piano etico. Ma la differenza fondamentale è che nel caso del trattamento sperimentato in Inghilterra l’embrione malato è stato deliberatamente prodotto. La madre con i mitocondri difettosi sarebbe cosciente di produrre un figlio predisposto alle patologie genetiche. Questi scienziati agiscono come chi lega un bimbo ai binari e poi accusa chi non consente loro di intervenire per salvarlo. Ma il primo responsabile non è chi ne ha messo in pericolo la vita?
E qui arriviamo al vero tema fondamentale su cui andrebbe aperto un dibattito: l'ossessione di avere un figlio a tutti i costi. Il desiderio di genitorialità è comprensibile ma, a meno che non si voglia ridurre l'uomo alla sola parte animale, perché non prendere in considerazione l'adozione? Un figlio non è tale solo per il patrimonio genetico, ma anche e soprattutto per ciò che gli sappiamo trasmettere dopo che è nato.
Purtroppo questa parte del problema viene trascurata, e in nome della libertà della scienza si insiste su ricerche estreme che finiscono per polarizzare il dibattito sugli eccessi opposti,
com’è accaduto con il referendum, tra chi vuole permettere tutto e chi vuole vietare tutto.
Angelo Vescovi
*Condirettore dell’Istituto di ricerca sulle cellule staminali
del San Raffaele di Milano
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