Neutrini, l'ombra di Einstein e le mani legate dei nostri scienziati

Quel trionfalismo degli annunci che stride con gli scarsi finanziamenti alla ricerca

Si è scoperto che il famoso esperimento del settembre 2011 da cui risultava che i neutrini sono più veloci della luce avesse un «baco». Per un difettoso collegamento in fibra ottica tra un' unità GPS e un computer i dati arri­vavano con una velocità alterata proprio della differenza temporale che aveva indotto alla conclusione sensazionale che la teoria di Ein­stein era in crisi. A settembre scrivemmo sul Gior­nale che non era i­n discussione la se­rietà del gruppo di ricerca che aveva condotto l'esperimento. Ancor me­no lo è ora che si è affrettato a infor­mare dell'esito dei controlli. Tutta­via, s'impongono alcune riflessioni. La prima riguarda il comporta­mento del mondo dell'informazio­ne: non i giornali in sé, che non pote­vano non dar conto di una notizia tanto clamorosa, quanto l'inutile spargimento d'inchiostro del nutri­to stuolo di comm­entatori che si so­no lanciati a testa bassa a discettare della«crisi»della teoria della relati­vità e a disegnare gli scenari futuri, invece di invitare alla prudenza.

La seconda riguarda gli scienzia­ti. È penoso rileggere i testi o rivede­re le immagini di interviste impron­tateauntonotrionfalisticocheriven­dicava la solidità di un esperimentopreparato in due anni e mezzo. Alla lucedeifatti, èstatapiùsaggialascel­ta dei 30 «dissidenti» che non volle­rofirmareil «preprint»invitandoal-laproceduratradiz­ionaleconsisten-tenelsottoporreilrisultatoallavalu-tazionediunarivistascientifica.
Tuttavia, proprio in quelle inter-viste­sitrovalachiavepercompren-dereleragionidiuncomportamen-toaffrettato.

Difatti, esseterminava­no quasi tutte deprecando i tagli ai fondi per la ricerca e chiedendo maggiori finanziamenti. Il proble­ma è che il m­ondo scientifico è pre­so alla gola non tanto dai tagli quan­to dalla prassi dei finanziamenti.

Se non produci risultati sul breve peri­odo perdi quattrini e in definitiva vieni messo fuori gioco. Ma produr­re risultati sul breve periodo spinge alla fretta, all'approssimazione, al­la ricerca del risultato facile e cla­moroso, e quindi all'insoffe­renza nei confronti dei tempi lunghi del giu­dizio motivato dei colleghi. Così, si preferisce la poli­tica dell'annun­cio alla stampa.

È in voga un cri­terio di valutazio­ne dei ricercatori o dei gruppi di ricerca se­condo la«capacità di attrar­re finanziamenti per la ricerca», il quale è stato sciaguratamente in­trodotto anche nelle procedure di valutazione della ricerca nel no­stro paese. Esso spinge agli annun­ci mediatici clamorosi, nella spe­ranza di ottenere quattrini per poi attrarne altri. Anni fa esplose l'an­nuncio della scoperta di un vacci­no per l'Aids. Non se n'è saputo più nulla, ma è probabile che l'annun­cio sia servito a ottenere finanzia­menti. Quel criterio, oltre a stimola­re atteggiamenti sbagliati, a cor­rompere la qualità della ricerca (e sperperare risorse), favorisce la sclerotizzazione del sistema: chi ha più quattrini ha maggiore possi­bi­lità di farsi sentire, e quindi di atti­rare altro denaro e così via in un cir­colo vizioso che chiude il mondo della ricerca a nuovi apporti.
Infine, esso favorisce chi fa ricer­ca sperimentale rispetto a chi fa ri­cerca teorica e ha bisogno di mino­ri risorse, e quindi «vale di meno». Oggi, non solo le scienze umane, ma tutta la ricerca di base è svaluta­ta, se non svillaneggiata, come ro­ba inutile, una forma di parassiti­smo. In questo andazzo ha un ruo­­lo pesante Confindustria, che spin­ge con tutte le forze per favorire gli approcci direttamente applicati, anche a livello della formazione scolastica. È un indirizzo di­sastroso perché la ri­cerca applicata che nonsiacontinua­mente alim­enta­ta da quella teo­rica
 rischia di perdersi e di fini­r­enell'irrilevan­za.

Vale più che mai il detto di Leo­nardo da Vinci: «Quelli che s'innamoran di pratica sanza scienzia son come 'l nocchier ch'entra in navilio senza timone o bussola, che mai ha cer­tezza dove si vada ». C'è chi crede- o vuol far credere- che la teoria della relatività di Einstein sia nata da esperimenti, mentre è nata da ri­flessioni puramente teoriche, co­me tutte le grandi scoperte scientifi­che, che soltanto in seguito si sono confrontate con la verifica speri­mentale.

Oggi si fa credere che la scienza teorica sia una perdita di tempo e uno spreco di risorse. In­tanto, la teoria della relatività - co­struita col pensiero, la carta e la pen­na- resiste solida come una roccia. Oggi, il suo creatore verrebbe mes­so all'angolo come incapace di «at­trarre finanziamenti».

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