«Prima è successo in Francia e in Inghilterra, ora anche in Italia cè fame di chirurghi. Ed era prevedibile, visto che il tasso di donne iscritte a medicina ormai è salito intorno al 60-70 per cento». Per Pietro Bartolozzi, direttore della clinica ortopedica dellUniversità di Verona e neo presidente della Società di ortopedia e traumatologia italiana, il tramonto del fascino della professione è ormai un dato di fatto.
Professore, ma che centrano le donne medico, non sarà il solito maschilismo dei professionisti?
«Ma no, il maschilismo non centra. Il punto è che la chirurgia in generale, e certe specialità in particolare, sono da sempre prevalentemente maschili».
Vuol dire che le donne non possono imparare?
«Ma certo che possono. Spesso però sono proprio loro che non sono attratte da certe specialità».
Ad esempio?
«Pensi a quella in cui esercito io, lortopedia. Gli interventi richiedono una spiccata componente meccanica che è adatta soprattutto agli uomini».
Ma quanto hanno pesato gli scandali di vera e presunta malasanità?
«Sicuramente hanno contribuito. Anche sotto laspetto economico».
Non vorrà farmi credere che guadagnate male.
«Ci sono specialità che si possono praticare solo nei grandi ospedali pubblici, quindi non consentono di incrementare i guadagni con lattività libero-professionale».
Facciamo due conti.
«Guardi, io, al culmine della carriera guadagno 4.500-4.800 euro al mese».
Appunto, non mi sembra male.
«Certo, in assoluto no. Pensi però che per arrivare qui bisogna studiare per sei anni alluniversità, più altri cinque di scuola di specializzazione. E poi vari anni di praticantato, guadagnando metà di quella cifra».
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