Niente scontrino fiscale in un negozio su quattro

Controlli della Finanza in 500 esercizi. Scoperti anche 51 lavoratori in nero

Andrea Fontana

Un commerciante su quattro non rilascia lo scontrino. Il blitz in tre tappe della Guardia di finanza milanese su cinquecento esercizi cittadini dà come risultato un 25 per cento di evasori e «numerosi casi individuali di lavoratori che prestavano la loro opera in nero», recita il comunicato del comando provinciale di via Fabio Filzi. Scontrino assente non solo per un caffè bevuto in fretta o per un pranzo al ristorante, ma anche per acquisti importanti come orologi di marca. Parrucchieri, fiorai, cartolerie, erboristerie, orologerie e boutique tra il mezzo migliaio di negozi «visitati» dalle Fiamme gialle nelle tre ricorrenze mondane di febbraio e marzo: San Valentino, Festa della donna e Festa del papà. Negozi noti con insegna esposta e non ambulanti o irregolari, spiegano alla Guardia di finanza, controllati in giorni in cui gli affari «subiscono notoriamente un rilevante incremento».
Niente scontrino insomma: leggerezza per la quale il cliente non rischia nulla, poichè dal 2003 non ha l’obbligo di chiedere la ricevuta, mentre per il commerciante è prevista una sanzione amministrativa minima di 516 euro fino ad arrivare alla chiusura temporanea dell’attività nei casi di recidiva. «La cosa importante da far capire agli esercenti - sottolinea il sottotenente Biagio Maurizio Agosta - è che rischiano la chiusura dell’esercizio fino a 6 mesi se vengono sorpresi per tre volte nell’arco di cinque anni». Ma le associazioni di categoria non ci stanno a far passare i propri iscritti come evasori. «Può darsi che siano state leggerezze in buona fede, perché noi informiamo gli associati in modo puntuale sui loro obblighi - spiega il segretario generale dell’Unione del Commercio Costante Persiani -. I commercianti non hanno comunque alcuna convenienza per questi comportamenti: gli studi di settore utilizzati come riferimento per i contributi fiscali hanno un’efficacia probatoria ben superiore agli scontrini». La dichiarazione dei redditi presentata dagli esercizi pubblici si basa sugli incassi registrati, ma viene anche confrontata con i valori standard indicati negli studi fiscali di settore: «In caso di evidenti difformità - conferma il direttore della Confesercenti milanese Pietro Rosa Gastaldo - il negoziante è ad alto rischio di verifica fiscale». In un modo o nell’altro i titolari non possono scappare dalle tasse, sembra dire la Confesercenti che insiste nel chiedere l’abolizione di scontrini e ricevute.
Ma dagli accertamenti della Gdf non emerge solo il dato sull’evasione: 51 i lavoratori in nero scoperti nei cinquecento negozi. Un’irregolarità per la quale il titolare rischia come minimo una sanzione compresa tra i 100 e i 500 euro per mancata comunicazione agli uffici del lavoro.

«Sul nero non ci sono più scuse perché la legge Biagi prevede un’ampia gamma di contratti a breve termine - condanna l’assessore al Commercio Roberto Predolin -. Chiederò che le stesse associazioni di categoria intensifichino i controlli sui loro iscritti».

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