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«No all’accanimento, ma la vita è sacra»

Il caso di Terri Schiavo, analogo a quello di Eluana Englaro, fu però, in concreto, assai diverso. Il padre e la madre di Terri volevano conservarla in vita; fu il marito che, interpretandone la volontà, chiese e ottenne dalla giustizia il potere di sospendere la nutrizione. Questo rendeva il caso meno chiaro, perché il marito poteva avere interesse a liberarsi della moglie malata, mentre il padre e la madre erano invece decisi a volere la vita della figlia.
La vicenda di Eluana Englaro è l’opposto di quella di Terri Schiavo: qui è il padre che si impegna a chiedere l’interruzione della nutrizione sulla base di dichiarazioni della figlia, che avrebbe espresso l’intenzione di non essere assistita nel caso si fosse verificato quello che poi è accaduto. Il caso di Eluana è quindi assai diverso: il padre impegnato a chiedere lo stop alla nutrizione è molto più credibile del marito di Terri Schiavo. E quindi è il padre ad aver determinato il sentimento sia dei giudici della Corte d’appello di Milano che della Cassazione, sia dell’opinione pubblica. Nel caso di Beppino Englaro nessuno pensava che potesse essere mosso da altro interesse se non quello di compiere la volontà della figlia.
L’opinione pubblica si è divisa e si è divisa la politica: non vi è dubbio che il caso concreto del padre sia quello che ha determinato il fatto per cui la morte di Eluana è stata vista come accettabile.
Il sentimento diffuso non sembra in favore di nessuna tesi: né quella di imporre ai molti casi diversi che sono in Italia un’analoga soluzione, né quella di impedire che casi simili siano risolti come il caso Englaro. Ogni caso costituisce un problema a sé.
La sacralità della morte è una verità avvertita anche al di fuori del mondo religioso per cui vita e morte appartengono a Dio. Anche chi non crede in Dio o prescinde da Lui riconosce che la morte è sacra. È per questo che anche in Europa occidentale, che è il paese meno religioso del mondo, l’eutanasia non ha avuto la stessa sorte dell’aborto. Sopprimere il feto o gestire l’embrione come se fosse una cosa è sembrato un fatto «naturale» e l’aborto ha avuto corso legale in tutta Europa e in tutto il mondo. Ma in Occidente, ed anche in Europa, la sacralità della morte è stata avvertita: è per questo che la domanda non è stata accolta con la medesima facilità con cui è stato regolato il caso dell’aborto.
Il ministro della Giustizia, a nome della maggioranza, ha chiesto una legge. Ma i casi sono così diversi che bisogna fare attenzione a includerli in una forma unica. Tanto più che una legge dividerebbe i due schieramenti, anche quello maggioritario, e farebbe della conformità alle tesi religiose, non della sola Chiesa cattolica, un evento di divisione e di crisi di cui non vi è il bisogno.


L’opinione pubblica italiana ha percepito il problema e non reagisce a esso in modo uniforme, perché il caso del padre che chiede la morte della figlia interpretandone la volontà ha avuto la compassione di coloro che forse pensavano che, nelle medesime circostanze, avrebbero avuto il medesimo problema.
Occorre vigilare con attenzione perché la vita venga salvaguardata, ma non imporre l’obbligo di farlo in nome della legge.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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