Controcultura

Del Noce, dopo la storia viene la "storia filosofica"

La sua lettura transpolitica degli eventi fa nascere l'epoca contemporanea dalla Rivoluzione russa

Del Noce, dopo la storia viene la "storia filosofica"

Se c'è un pensatore che è stato davvero in grado di comprendere, talora anticipandoli, caratteristiche e sviluppi della storia contemporanea, questi è Augusto Del Noce (1910-1989). Anche le attuali vicende politiche italiane potrebbero essere spiegate secondo le sue categorie filosofiche. Anni fa, nel corso di un convegno tenutosi per il ventennale della morte di Del Noce, un suo allievo, Rocco Buttiglione, per sottolineare il valore ermeneutico delle categorie filosofiche delnociane accennò al Partito Democratico come al «compimento della visione azionista-dossettiana a livello nazionale» dopo il suo fallimento «a livello mondiale». E aggiunse - con una battuta oggi attuale di fronte alla crisi irreversibile del Pd - che «nel processo di dissoluzione in atto del Partito Democratico Del Noce vedrebbe forse la realizzazione di una necessità filosofica». Che è, effettivamente, quanto sta accadendo sotto i nostri occhi, a riprova della inadeguatezza della posizione azionista - tanto nella versione laica quanto in quella dossettiano-cattolica - per la comprensione di natura, caratteristiche, fenomeni del tempo presente.

Al contrario, la rigorosità speculativa di Del Noce si dimostra particolarmente feconda per capire la realtà odierna. E ciò appare evidente anche - e forse soprattutto, per il lettore comune - quando il filosofo si esprime attraverso testi giornalistici come quelli apparsi su riviste quali L'Europa e Il Sabato, raccolti nei volumi Rivoluzione, Risorgimento, Tradizione (Giuffrè, 1993) e Cristianesimo e Laicità (Giuffrè, 1998) o attraverso quelli originariamente pubblicati sul quotidiano romano Il Tempo e riuniti nel ponderoso Filosofia politica e «cultura dei valori» (Gangemi, 2021).

Proveniente da una famiglia borghese - il padre era un ufficiale di carriera - Del Noce si era formato in quella Torino degli anni Venti e degli anni Trenta che aveva espresso una precisa linea culturale di tipo neo-illuministico che, partendo da Piero Gobetti, giungeva fino a Norberto Bobbio, e della quale egli sarebbe presto diventato un «eretico». Poco alla volta, partendo dalla lettura di Umanesimo integrale di Jacques Maritain e passando per lo studio del marxismo, Del Noce aveva finito per approdare ai lidi di una originale concezione della storia contemporanea come «storia filosofica». Era partito dal riconoscimento dell'eccezionale forza della filosofia di Marx consistente nel fatto che il marxismo - essendo «filosofia della prassi» e cioè unità di teoria e di pratica - non si limitava a interpretare la realtà, ma cercava di creare le condizioni per «trasformare» la società e il mondo. Da ciò discendeva logicamente come il marxismo fosse inseparabile dal suo risultato storico, cioè il comunismo come realtà politica.

In concreto, secondo del Noce la storia contemporanea inizia con la Rivoluzione russa del 1917: in quel momento una filosofia, il marxismo appunto, si traduce - o, per usare una espressione pregnante, si «invera» - in istituzioni politiche. E il comunismo, in quanto marxismo realizzato, diventa, come modello da realizzare o come pericolo da esorcizzare e combattere, l'obbligato punto riferimento. Ecco perché la storia contemporanea, quella post-rivoluzione sovietica, può essere legittimamente chiamata «storia filosofica».

Ma non basta. Poiché è coessenziale al marxismo la posizione ateistica, ne consegue che la storia contemporanea diventa storia del «processo di espansione dell'ateismo» e, di conseguenza, l'epoca contemporanea può essere definita, come recita il titolo di uno dei libri più conosciuti di Del Noce, L'epoca della secolarizzazione (Aragno Editore). Secondo Del Noce l'«epoca della secolarizzazione» affonda le proprie radici nella crisi di valori prodottasi negli anni compresi fra il '30 e il '40 ed è scindibile in due periodi: il primo è quello cosiddetto «sacrale», che si caratterizza per il successo delle «religioni secolari» (comunismo, nazismo, fascismo), mentre il secondo, cosiddetto «profano», si manifesta attraverso il fenomeno della «società opulenta», che ha il suo tratto peculiare nella «civiltà tecnologica o civiltà del benessere». Alla base di quest'ultima ci sono la crisi di religiosità del nostro tempo e la rinascita di una sensibilità illuministica che si traduce in una specie di mitizzazione del «progressismo», tanto laico sotto specie di «neoilluminismo», quanto religioso sotto forma di «neomodernismo».

Questo, per sommi capi, il quadro di riferimento generale del pensiero filosofico e politico di Augusto Del Noce che propone quella che è stata definita «interpretazione transpolitica» della storia contemporanea e che ha un punto fermo nella convinzione dell'esistenza di un parallelismo fra cultura e politica. All'interno di questo quadro di riferimento si collocano gli approfondimenti che l'autore fece su temi specifici e che lo hanno condotto a conclusioni le quali, al loro apparire, sembrarono eretiche, se non addirittura provocatorie. Si pensi, per esempio, agli studi sul rapporto fra Antonio Gramsci e Giovanni Gentile, che misero in luce la «dipendenza» intellettuale del primo dal secondo, o a quelli sul fascismo che, sotto un certo profilo, si collocano all'origine del nuovo corso interpretativo inaugurato, sul terreno storiografico, da Renzo De Felice. Il quale De Felice - lo ricordo per incidens - fu tra i primi a cogliere l'importanza delle conclusioni di Del Noce e che, dopo la morte di questi, si adoperò per farne pubblicare il volume su Gentile.

Soprattutto per ragioni morali e dietro la suggestione della giovanile lettura di Maritain, Del Noce era stato, durante gli anni del fascismo, un antifascista convinto. Nel dopoguerra, andando avanti negli studi, si era reso conto che il fascismo partecipava della stessa natura del comunismo e del nazional-socialismo perché movimenti, prima, e regimi, poi, appartenenti allo stesso momento «sacrale» dell'epoca della secolarizzazione. Senza rinnegare il suo antifascismo, Del Noce aveva, quindi, rigettato la conclusione che il fascismo fosse un «male metafisico» o un «male assoluto», per sostenere invece che si trattava di un «male storico», conseguenza di un «errore della cultura» perché punto di arrivo, sul terreno dei concreti fatti storici, della filosofia idealistica italiana lungo la direttrice che dai fratelli Spaventa giunge fino a Gentile.

Le tesi di Del Noce furono una vera e propria rivoluzione nel mondo delle lettere, anche perché egli, sviluppando il suo discorso, giunse a contestare il mito dell'«unità antifascista» in quanto, a suo dire, questo aveva portato alle estreme conseguenze taluni aspetti totalitari del fascismo attraverso il consolidamento dell'egemonia culturale progressista.

Fu un vero e proprio sasso gettato nelle acque stagnanti del conformismo. Anche perché le sue analisi, basandosi sulla concezione della storia contemporanea come storia «filosofica», lo portarono a valutare, soprattutto negli articoli giornalistici, con una lucidità fuori del comune situazioni, persone, avvenimenti. E si trattò sempre di analisi che capovolgevano i luoghi comuni, per esempio sul compromesso storico e sull'eurocomunismo, sulla illusione che fosse possibile un comunismo dal volto umano, sull'idea che ci fosse una cesura fra lo stalinismo e gli epigoni della cultura e della ideologia comuniste. Ma soprattutto si trattò di analisi - si pensi a quelle relative al mondo cattolico e all'impegno dei cattolici in politica - che si rivelarono profetiche. Per questo, credo, la lettura o rilettura delle opere di Del Noce, compresi gli scritti giornalistici, è sempre, oltre che raccomandabile, gratificante.

Per rivedere il passato, capire il presente e, perché no?, ragionare sul futuro.

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