«Noi, genitori azzurri a caccia di bagarini»

Pechino. Cuore di mamma e cuore di papà domandano: «Vi chiedo: è mai possibile che le nostre figlie, la sera prima della finale per l’oro olimpico, non il trofeo di Casalpusterlengo, si siano dovute preoccupare e telefonare e chiamare per sapere se i loro genitori avevano trovato un posto per vedere la gara?». I genitori delle fanciulle bistrattate della ritmica lo rivelano all’unisono, lasciando parlare uno a nome di tutti, che poi diventano due e tre e avanti popolo. Ad alternarsi nel raccontare la loro disavventura sono papà D’Ottavio e papà Masseroni: «Da otto mesi cercavamo biglietti per tutti noi e da otto mesi nessuno ce li vendeva. Li abbiamo chiesti alla Federazione, al comitato organizzatore, anche al Coni. Niente. Da tutti la stessa risposta: i cinesi non ne hanno distribuiti per la ritmica. Al Coni hanno addirittura detto che se li avessimo trovati ce ne avrebbero comprati alcuni...». «Ma il vero problema» interviene una mamma non identificata ma molto inferocita, «è che abbiamo vissuto come degli appestati e delinquenti per giorni. Eravamo in giro anche di notte a caccia di biglietti dai bagarini...» e «qui la polizia mica scherza» interviene un papà.

«Un sacco di volte, durante la notte, ci è toccato nasconderci dietro le macchine per non farci vedere. Ma vi pare possibile? Rischiare la galera e l’espulsione dal Paese per poter vedere le nostre figlie in gara per una medaglia?».

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