Alberto Toscano
da Parigi
«Un colpo di Stato, nientaltro che un colpo di Stato». Così lex presidente della Repubblica iraniana Abol Hassan Banisadr, 72 anni, commenta il primo discorso del neoeletto capo dello Stato Mahmud Ahmadinejad, 48 anni, lex sindaco di Teheran che sè clamorosamente affermato laltroieri nel ballottaggio contro il più moderato Hashemi Rafsanjani. Banisadr è stato democraticamente eletto a suffragio universale allinizio del 1980, ma pochi mesi dopo ha dovuto cercare rifugio allestero di fronte al montare dellondata integralista che faceva riferimento allayatollah Khomeini. Da un quarto di secolo vive in esilio in Francia.
Il nuovo presidente iraniano ha fatto il suo primo discorso, cercando di ricompattare il Paese dopo le recenti polemiche. Lei che cosa ne pensa?
«Penso che non riuscirà a ricompattare proprio niente perché il vero messaggio di queste elezioni sta nel boicottaggio delle urne medesime da parte di moltissimi iraniani. La gente ha voluto manifestare sia la propria stanchezza nei confronti del regime sia il desiderio di reale cambiamento del Paese».
Però Ahmadinejad è il nuovo presidente
«Lo è grazie a un colpo di Stato, realizzato per via elettorale».
Dunque secondo lei le elezioni non sono state regolari?
«Certo che no. Le elezioni erano truccate. Altrimenti quel personaggio, considerato alla stregua di un incompetente allinterno stesso del regime, non sarebbe certo riuscito a spuntarla».
Che cosè accaduto?
«I clan che dominano alcuni centri di potere militar-finanziari hanno voluto garantirsi un avvenire e rafforzare la propria influenza servendosi di un personaggio che ha avuto a che fare in passato con vicende assai poco chiare, tra cui la persecuzione di esuli iraniani allestero».
Oggi il potere di Teheran si è rafforzato o si è indebolito?
«Senza dubbio si è indebolito sul piano interno come su quello internazionale. Allinterno la reazione stessa di Rafsanjani dimostra la profondità delle polemiche e della spaccatura. Rafsanjani ha sbagliato i conti: non aveva visto arrivare il colpo di Stato. Quando ha compreso, era ormai troppo tardi».
Molti esperti di politica internazionale prevedono burrasca nelle relazioni tra Teheran e Washington. Lei che cosa ne pensa?
«Questo non è assolutamente detto. Può darsi benissimo che Ahmadinejad e i suoi si mettano daccordo con gli americani. Ovviamente si tratterebbe di un accordo segreto, sottobanco. Ma non per questo sarebbe un accordo meno solido di tanti altri».
Esistono secondo lei terreni di convergenza tra Teheran e Washington?
«Eccome se ne esistono! Pensi alla situazione in Irak, dove i due Paesi hanno oggi interesse a giocare la carta della stabilizzazione».
Però cè la grande incognita della bomba atomica iraniana...
«LIran non ha la bomba atomica. Le polemiche su questo terreno sono state tanto aspre perché i clan che sostengono Ahmadinejad avevano linteresse a rinfocolare le tensioni con lOccidente in generale e con gli Stati Uniti in particolare. Serviva a creare il clima in cui si sono svolte le elezioni truccate».
Dunque lipotetico «accordo sottobanco», di cui lei parla, potrebbe riguardare anche il nucleare iraniano?
«Sì, ma i discorsi ad alta voce del potere iraniano saranno presumibilmente assai polemici con gli Stati Uniti. Un conto sarà la politica estera ufficiale e un altro quella reale.
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