«Non mando mia figlia nel ghetto»

Alessandra, perché non ha iscritto la sua seconda figlia alla scuola elementare di quartiere?
«Perché sei bambini su dieci sono extracomunitari e io desidero che Carlotta abbia anche amiche italiane. Se devo far imparare l’arabo a mia figlia allora meglio iscriverla ad un corso ad hoc, prima però vorrei che sapesse leggere e scrivere in italiano».
Però il suo primogenito aveva frequentato la stessa scuola, dunque lei non ha alcun tipo di pregiudizio.
«Assolutamente. Qui il razzismo non c’entra. Il programma rallenta per le difficoltà di alcuni bambini stranieri a seguire. Inoltre mio figlio ha pochi amici».
Perché?
«I suoi compagni di classe sono quasi tutti stranieri e alla fine delle lezioni spariscono».
In che senso?
«Non invitano i compagni a casa, non fanno feste. Non socializzano».
E così la sua bambina è stata iscritta da un’altra parte.


«Sì in un’elementare dove gli stranieri sono circa il 25%. E poi lei è una femmina e questo cambia le cose. Nelle scuole con molti immigrati anche i pochi italiani rimasti non troppo educati. Insomma, sembra di stare in un ghetto. Ecco perché cambio scuola».

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