«Non sarà il ’94, avanti anche se mi condannano»

Roma«Sono 14 anni che vivo sotto processo, quindi non vedo il problema... Quando arriveranno alla condanna in terzo grado allora prenderò in qualche considerazione l’inchiesta Ruby». Ostenta sicurezza Silvio Berlusconi, anche se è piuttosto evidente che al di là delle parole il momento è delicato come forse mai era accaduto in passato e la preoccupazione molta. Le riflessioni che il Cavaliere ripete nelle sue conversazioni private, però, la dicono lunga su quali siano - almeno ad oggi - le sue intenzioni. E cioè tirare dritto e andare avanti nell’azione di governo snobbando di fatto un processo che secondo il premier non è altro che un «tentativo di golpe bianco ordito da un pugno di magistrati politicizzati».
Nessun passo indietro e niente elezioni anticipate, dunque. Tanto che se martedì il premier ha deciso di accompagnare Maroni in Sicilia per l’emergenza immigrazione, ieri s’è seduto insieme a Tremonti per illustrare ai giornalisti le misure per rilanciare la crescita. L’obiettivo, insomma, è quello di spostare l’attenzione dall’inchiesta all’azione di governo, continuando a lavorare sul rafforzamento della maggioranza parlamentare. Se in pubblico il Cavaliere parla di un centrodestra che alla Camera arriverà presto «a quota 325», in privato si spinge fino a un più ottimistico 332 visto che dal Fli si attendono altre diserzioni celebri. Un dossier, questo, del quale si sta occupando piuttosto attivamente Verdini.
Ed è in quest’ottica che il ministro dell’Economia decide di mettere la faccia sul rilancio dell’economia pronunciando in conferenza stampa la fatidica parola «crescita». Un termine su cui Tremonti in questi anni è stato sempre piuttosto prudente suscitando a più riprese il fastidio del Cavaliere. Non è un caso che un osservatore attento come il vicepresidente dei deputati Pdl Napoli si spinga a dire che la giornata di ieri «sana le divergenze più fantastiche che reali tra due diverse visioni di politica di bilancio». In verità, lo scontro c’è stato e a tratti è stato anche duro. E quello di ieri difficilmente potrà essere qualcosa di più di un time out. D’altra parte, se a parole Tremonti si sintonizza sulla lunghezza d’onda del premier nei fatti non sembra sposarne il tentativo di rafforzare i numeri della maggioranza alla Camera. Non si spiega in altro modo la decisione di non rinnovare la convenzione di Radio Radicale nel Milleproroghe nonostante con gli emendamenti si sia ballato fino all’ultimo minuto utile. Da sempre, infatti, governi di destra, centro o sinistra non hanno mai mancato di finanziare - come accade per molti giornali - l’emittente che da trent’anni racconta le sedute del Parlamento e non si capisce perché si sia scelta una via tanto rigida su un esborso da dieci milioni di euro che pesa poco o nulla sulle casse dello Stato. Soprattutto dopo che qualche giorno fa Gianni Letta aveva assicurato personalmente alla Bonino di aver fatto quanto in suo potere, lasciando intendere che il problema era a Via XX Settembre. Insomma, nonostante il bilancio di Radio Radicale sia piuttosto solido è davvero difficile che a Torre Argentina abbiano accolto la notizia con un brindisi. Con un’eventuale collaborazione alla Camera con i sei deputati radicali - magari su alcuni provvedimenti in materia di giustizia - che certo adesso non parte in discesa. E chissà se il neo capogruppo del Fli Della Vedova ha colto un possibile spiraglio vista la lunga chiacchierata di ieri alla Camera con il deputato radicale Mecacci.
Al momento, dunque, il Cavaliere continua a tirare dritto. Perché, spiega in privato, «ho imparato la lezione». Oggi, è il senso dei ragionamenti del premier, c’è lo stesso clima del 1994 con l’unica differenza che se allora mi sono dimesso per un avviso di garanzia adesso non ci penso proprio. L’ipotesi di un passo indietro, insomma, resta un non detto sullo sfondo. Ed è per questo, dicono i ben informati, che la Lega rilancia un possibile governo Maroni: perché in realtà, se mai il premier decidesse di arretrare, il Carroccio punta su Tremonti. Mentre il Cavaliere, non è un segreto, si fida solo di Alfano.

E probabilmente sarà proprio il nome del ministro della Giustizia quello che farà Berlusconi domani quando incontrerà Bagnasco e Bertone per la celebrazione dei Patti Lateranensi all’ambasciata italiana presso la Santa Sede.

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