L'esperto illustrava con parole crude come solo i numeri sanno diventare, che chi perde lavoro si sente oggi solo come non mai. Dove il non mai non è un banale modo di dire bensì la dolorosa fotografia della solitudine due punto zero. La sua analisi toccava varie tematiche legate al mondo del lavoro, concedendosi però a una constatazione drammaticamente illuminante. Mai come in quest'epoca sempre più informatizzata e digitalizzata in cui tutti socializzano e tutti chattano e tutti postano, mai come in questi anni ci si sente virtualmente in compagnia di migliaia di persone e poi, all'improvviso, drammaticamente e realmente soli. Come se migliaia di riflettori si spegnessero assieme. Finte luci, abbaglianti e stordenti, travestite di socializzazione e facebook e twitter e qualsivoglia altro sistema digitale di connessione e interazione umana, che ci tradiscono all'unisono non appena qualcosa di grande e reale e traumatico ci colpisce.
Per esempio il lavoro. In passato il trauma della perdita del posto era qualcosa che si poteva fisicamente toccare nella comunione di sofferenze e paure. C'era il comitato di fabbrica, c'erano il sindacalista, il delegato, c'erano gli altri come te pronti alla condivisione vera della paura in cerca di una soluzione. Tutto questo esiste ancora ma ci conforta meno. Ora che la condivisione è drogata dall'overdose di «mi piace» e cinguettii e follower, quando all'improvviso si resta a fare i conti con le proprie paure, ci si sente più soli che in passato. Come in astinenza da relazioni e condivisioni perché quelle virtuali e dei grandi numeri e dei mille amici su facebook e dei mille follower su twitter a cui siamo abituati possono poco quando il mondo crolla addosso per davvero. Non virtualmente.
twitter:@bennycasadei
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.