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Nucleare, ultimatum scaduto ma l’Iran va avanti

Gian Micalessin

L’ultimatum è scaduto, il rapporto dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) lo accusa senza mezzi termini, la Casa Bianca ripete che nulla resterà impunito, ma l’ultimo a preoccuparsi è l’Iran. E perché dovrebbe? A 24 ore dalla scadenza dell’ultimatum e dall’invio al Consiglio di Sicurezza di un rapporto dell’Aiea che conferma l’intensificarsi delle attività nucleari, nessuno sembra voler muovere un dito. Le sanzioni restano un fantasma evanescente, che fuori dagli Stati Uniti pochi osano evocare. E l’arrivo previsto per oggi a Teheran di Kofi Annan non sembra poter imprimere svolte rilevanti alla vicenda. Il segretario generale dell’Onu potrà soltanto chiedere ad Alì Larijani, responsabile delle trattative sul nucleare, di rispettare, seppur tardivamente, l’ultimatum dell’Onu. Ma la risposta sarà soltanto una versione più cortese, e meno fragorosa, del «no» urlato dal presidente Mahmoud Ahmadinejad ai quattro angoli del Paese. «I nemici dell’Iran sfruttano ogni pretesto per fermare il nostro progresso - ripete il presidente - ma dimenticano che l’intera nazione iraniana considera l’energia nucleare un proprio innegabile diritto e non intende rinunciare a una sola virgola di quel diritto».
Mentre il presidente tiene alti i toni della sfida, qualcun altro ridimensiona la condanna firmata dal direttore dell’Aiea, Mohammed el Baradei. «Quel rapporto dimostra che il programma nucleare iraniano è sotto la supervisione dell’Aiea escludendo eventuali deviazioni», spiega il portavoce del ministero degli Esteri Hamid Reza Asefi. L’interpretazione serve a rafforzare l’idea di un Iran pronto al dialogo. Quell’idea punta soprattutto a dividere il blocco occidentale, evidenziando le contrapposizioni tra Europa e Stati Uniti.
Le prime differenze traspaiono dalla riunione dei ministri degli Esteri europei di Helsinki, dove il ministro finlandese spiega, a nome della presidenza di turno europea, che la «diplomazia resta la priorità dell’Unione. Se gli iraniani sono pronti a un negoziato, allora dobbiamo capire se le loro condizioni sono accettabili». Parole che fanno a pugni con le richieste della Casa Bianca, decisa ad esigere immediate sanzioni.
Paradossalmente la posizione europea più vicina a quella americana sembra quella del primo ministro francese Dominique de Villepin, che definisce «insoddisfacente» la posizione di Teheran e «inaccettabile» la prosecuzione delle attività nucleari. «La porta può restare aperta al dialogo - spiega De Villepin - ma la comunità internazionale non può accettare il mancato rispetto degli impegni».
La posizione europea si chiarirà soltanto dopo l’incontro del 6 settembre tra il responsabile della politica estera dell’Unione Javier Solana e Alì Larijani. Se l’incontro non aprirà una prospettiva negoziale, il dossier sanzioni tornerà, il giorno dopo, all’ordine del giorno della riunione già fissata, sempre a Berlino, dei cinque membri del Consiglio di Sicurezza allargato alla Germania. Un incontro in cui Russia e Cina ribadiranno, probabilmente, il no a qualsiasi misura punitiva. Nell’attesa Mosca mette in scena un altro dei suoi balletti diplomatici criticando l’atteggiamento irriducibile di Teheran. «Ci rammarichiamo che l’Iran non abbia sospeso l’arricchimento dell’uranio», ha detto il vice ministro degli Esteri Mikhail Kamynin. L’inconsueta dichiarazione non va però interpretata come un’adesione tardiva al partito delle sanzioni. «Considereremo tutte le opzioni - ricordava quasi contemporaneamente il ministro degli Esteri Sergei Lavrov - ma alla fine sceglieremo solo quelle in grado di far progredire il negoziato».

Parole fin troppo chiare, visto che Lavrov ha sempre ribadito di non considerare le sanzioni una soluzione alla questione nucleare iraniana.

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