Cronaca locale

Nuova moschea in costruzione, scontro a Sesto

A Sesto San Giovanni la moschea resta un caso aperto. Preoccupa i cittadini. I musulmani, circa 300 finora, hanno frequentato il centro culturale islamico di via Tasso, in centro. Ma il comitato di quartiere ha alzato le barricate. E ha organizzato una fiaccolata. Dovrebbero spostarsi. Ma il caso è anche politico. Divide la sinistra che amministra la ex Stalingrado d’Italia dall’opposizione di Pdl e Lega. Gli esponenti del Carroccio vogliono il referendum, convinti come sono che la gente sia con loro. Paolo Bosisio segretario di circoscrizione del movimento di Umberto Bossi è categorico. «Vogliamo che la gente sia libera di esprimersi per capire se vuole la moschea camuffata da centro per la preghiera islamica. Finora i risultati dei sondaggi che abbiamo in mano ci confermano che 90 per cento dei sestesi è fermamente contrario». I fedeli di Maometto con 1 milione 150mila euro hanno comprato un capannone in via Vittorio Veneto. Ho visto il rogito siglato il 28 novembre 2008 mentre il primo acconto è stato versato nel 2005. Sono pronto a mostrarlo». «Dove sono andati a prendere quei soldi? – si chiede Bosisio -. Senza alcun permesso hanno cominciato i lavori di sistemazione dello stabile. Una volta finito può ospitare fino a duemila persone». I leghisti e non solo loro sono inquietati, lo scorso mese di agosto durante il Ramadan - aggiunge l’esponente dei «lumbard» - «sappiamo che hanno partecipato due musulmani condannati per terrorismo. Prima al Palasesto arrivò Wagdi Ghoneim un predicatore già espulso dagli Stati Uniti e dal Canada ed anch’egli condannato per apologia di terrorismo». Della sua presenza a Sesto ha parlato una giornalista del Foglio che si era intrufolata a sentire il predicatore. Disse l’imam egiziano: «Il destino di tutti gli uomini è quello d’essere musulmani, altrimenti si diventa cani o topi»; «Morire per una causa è importante, significa andare in paradiso»; «Le donne sono stupide, come le pecore vanno governate da un pastore. Sono state create per fare bambini e soddisfare i piaceri dei mariti»; «Bisogna negare al popolo di Israele di esistere». Una sconcertante campagna di indottrinamento.
«Tutto questo - spiega Bosisio - mentre il nostro sindaco non si preoccupa neppure di inviare un controllo in via Veneto per bloccare i lavori iniziati senza alcuna licenza edilizia e neppure uno straccio di permesso». La gente dopo i recenti attentati, opera di fanatici integralisti, ha paura. «La verità è che vogliono fare una grande Moschea per i musulmani di tutto il nord Milano. Ci opporremo con tutte le nostre forze alla soluzione che di voler trasferire nella nostra città quello che esiste in viale Jenner – spara a zero Bosisio –. Abbiamo già un campo nomadi abusivo. Adesso basta».
Secca e seccata la replica del primo cittadino Giorgio Oldrini del Pd: «La Lega è libera di chiedere ma non di pretendere. Sui diritti previsti dalla Costituzione non si può fare alcuna consultazione popolare. Nel nostro Paese esiste la libertà di culto e di pregare, lo dico io da non credente. Gli esponenti della Lega, vogliono strumentalizzare e sono irresponsabili. Stanno fomentando una rivolta che potrebbe rivelarsi molto pericolosa». Anche Antonio Lamiranda del Pdl si schiera contro la moschea. «Se supera i trecento posti di capienza – conferma – allora siamo d’accordo per proporre il referendum». «Se vogliono un minareto diciamo no».
Il clima è incandescente. «Pensate - si scalda Bosisio - alla nostra fiaccolata oltre a centinaia di bandiere della Lega c’erano anche alcune del Partito Democratico». E i soldi per ristrutturare il capannone di via Tasso? «Non so come hanno trovato oltre un milione di euro per comprarlo – chiude Paolo Bosisio - reperiranno anche quelli necessari per trasformarlo in un minareto. Mi spaventa solo il pensiero che ci siano finanziatori integralisti e fanatici. In ogni caso non ci arrendiamo. Vogliamo il referendum. Intanto, il sindaco cominci a fare il suo dovere inviando in via Tasso Vigili del fuoco e Asl per bloccare i lavori.

Subito».

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