Politica

Nuovo baby boom ma un italiano su 5 ha più di 65 anni

L’Istat: per la prima volta nell’ultimo decennio cresce l’indice di fertilità, ma a fare più figli sono solo le donne del Nord

Nino Materi

Come definire oggi un «over 65»? Se dite «vecchio», rischiate il linciaggio; se dite «anziano», rischiate la querela. Rimane «persona di mezz’età»: non sarà «matematicamente» corretto, ma almeno configura un’ipotesi di vita da 130 anni, tutt’altro che disprezzabile. La disquisizione terminologica non è irrilevante, considerato che l’ultima fotografia demografica dell’Istat «ferma» proprio l’immagine di un «over 65» con in braccio un neonato. Secondo il rapporto Istat l’Italia è infatti caratterizzata da due trend apparentemente contraddittori: il primo segnala un nuovo «baby boom», conseguenza del ritrovato incremento delle nascite; il secondo evidenzia un «effetto geriatrico», che coinvolge un italiano su 5 con più di 65 anni: individui che non amano essere chiamati «nonno» e che, a mala pena, tollerano lo status di «zio». Ciò non toglie che nel 2050 la percentuale di uomini e donne ultra sessantacinquenni potrebbe crescere fino al 34%, benché le donne facciano più figli e l'indice di fertilità continui lentamente a crescere da dieci anni a questa parte. Tuttavia i minorenni rappresentano una quota sempre minore della popolazione italiana: nel '95 era il 18,4%; l'anno scorso sono scesi al 17,1%; secondo le previsioni, nel 2050 si ridurranno ulteriormente al 15,4%.
A rilanciare l'allarme è l'Istat, l'Istituto di statistica nazionale, che ha reso note le «stime anticipatorie dei principali indicatori demografici del 2005 a livello nazionale, regionale e provinciale».
La regione dove si vive di più sono le Marche: gli uomini hanno la speranza di raggiungere i 79 anni (78,8); le donne gli 85 (84,7). Dove invece si vive meno è la Campania: le stime dell'istituto di statistica non superano per le donne quota 81,8 anni e per gli uomini 76,1.
«Non è inverosimile - avvertono i ricercatori - che entro una data non lontanissima per la demografia, l'Italia si ritrovi con un 65enne ogni tre persone e un minore circa ogni sette. È importante concentrare l'attenzione sugli indizi, anche minimi, che possono suggerire accelerazioni o rallentamenti degli attuali andamenti». Significativo, a tale proposito, è il diagramma della fertilità che nell'ultimo decennio ha finalmente invertito la tendenza perdurata fino alla metà degli anni '90: nel 2005 la stima del numero medio di figli per donna è salita ancora (dall'1,33 nel 2004, all'1,34 dell'anno scorso), il livello più alto registrato nel nostro Paese negli ultimi quindici anni; nel '95 la fecondità italiana toccò il minimo storico con un valore di 1,19 figli per donna. Un «recupero», però, da attribuire esclusivamente alle regioni del Nord e del Centro, mentre le regioni del Mezzogiorno registrano una diminuzione del numero di figli (da 1,41, a 1,35 figli per donna).
Nel 2005, la «dinamica naturale» registra ancora una volta un dato negativo: i decessi superano le nascite di circa 6mila unità. Sono nati poco più di 569mila bambini (settemila in più rispetto al 2004), mentre i decessi sfiorano le 575mila unità (28mila in più rispetto al 2004).
A contrastare gli effetti di una «dinamica naturale negativa» sopperisce, come ormai avviene da diversi anni, una «dinamica migratoria positiva»: sono oltre 300mila in più gli immigrati presenti nel 2005 sul territorio italiano, con forti differenze a seconda delle regioni dovute alla maggiore forza attrattiva esercitata dal centro-nord. «La crescita totale della popolazione - evidenzia l'Istat - dipende quasi per intero dal saldo positivo dell'immigrazione». È grazie a quest’ultima se, nel corso del 2005, gli «italiani residenti» hanno toccato quota 58 milioni 750mila.


«Troppi» o «pochi», dipende dai punti di vista.

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