Obama ora è ottimista Vede in ripresa gli Usa (e anche se stesso)

Barack Obama parla di futuro. Per la prima volta in tre discorsi sullo stato dell’Unione (uno ufficioso, due ufficiali), il presidente non rimugina sugli errori del passato, ma guarda avanti. Domani, invece di ieri. Le possibilità, invece degli sbagli. È un Obama nuovo, per molti. L’hanno detto e scritto: moderato, centrista, presidenziale. Un’apertura ai repubblicani che guidano mezzo Congresso, ma anche e forse soprattutto l’inizio vero della campagna elettorale per le elezioni del 2012. Non lo ammetterà mai, il presidente. Ma ieri è partita la lunga corsa alla rielezione, la marcia di avvicinamento alla nuova sfida del voto. Ci vuole tempo, ma Obama si sta già preparando. Non c’è niente di meglio che fare campagna elettorale facendo finta di non farla. Il presidente adesso ha questa opportunità: può rivolgersi al Paese da comandante in capo, ma può farlo già pensando alle prossime elezioni. Parla dell’America del fare, più che di quella delle idee.
Economia, occupazione, ma anche attenzione al deficit. I temi del discorso gli coprono il versante più debole nei confronti dei repubblicani e soprattutto lo spingono verso quella gente stanca di sentirsi dire che l’America non è più l’America, che ha perso slancio. Allora l’intervento di ieri è stato un concentrato di economia, aumento dell’occupazione e contemporanea attenzione al debito pubblico per il quale il presidente ha chiesto il congelamento di 5 anni per tutte le spese «non collegate alla sicurezza nazionale».
Torna l’ottimismo nelle parole di Obama. Perché a differenza dell’anno scorso, quando il presidente parlava come uno che doveva suturare le ferite di un Paese, questa volta vede all’orizzonte la ripresa. Le previsioni sulle assunzioni da parte delle aziende sono ottime: il 42% delle aziende intervistate ha detto di voler assumere il 13% di lavoratori in più rispetto all’anno scorso. Obama sa che l’America comincia a vedere la fine del tunnel. Lui vuole essere lì ad aspettarla. Attraversa anche un buon periodo: i sondaggi sul suo conto sono in netto rialzo, tanto da essere i migliori in assoluto da oltre un anno. Dipende da lui e dalla nuova fase del Paese: se tutto ricomincia a muoversi, anche la Casa Bianca diventa meno nemica, meno invadente, meno fastidiosa. Allora su: nel gradimento complessivo e nell’immagine personale che la gente ha del presidente. Obama adesso può parlare di quello che gli americani si aspettano. Così, nel weekend che ha preceduto il discorso di ieri, il presidente ha fatto i suoi consueti messaggi radiofonici e video diffusi su internet e ha parlato di economia, crescita, menzionando la parola «lavoro» 18 volte. Ieri sera ha aggiunto che nei prossimi due anni il governo americano si impegnerà al massimo per spingere più velocemente il paese verso la ripresa e la creazione di nuovi posti di lavoro. Pochi giorni fa, un segnale forte in questo senso, è arrivato con la nomina di Jeffrey Immelt, l’amministratore delegato di General Electric, a capo del Council on Jobs and Competitiveness, un nuovo organo che aiuterà la Casa Bianca a promuovere con più efficacia la ripresa.
Bipartisa, centrista, moderato e poco specifico. Obama s’è tenuto alla larga dai tecnicismi per evitare di commettere errori. Non è tempo di sbagli politici, non è periodo di passi falsi. Il presidente ha cominciato a recuperare politicamente negli ultimi mesi, dimostrando una buona disponibilità al compromesso e reagendo molto bene al fallito attentato in Arizona. Ma la posta rimane alta visto che deve trovare un modo per ricaricare i suoi sostenitori, convincere i deputati indipendenti a fidarsi di lui e gettare le basi per il suo ritorno alla Casa Bianca.

Allora parla di miglioramento di scuola, innovazione e infrastrutture come mezzo sono il mezzo per consolidare la crescita economica. Pochi finezze e molto pragmatismo, cioè quello che gli ha permesso di diventare potenzialmente presidenziale tre anni fa. Quello che può permettergli di rimanere presidente tra un anno.

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