RomaTutti per uno, uno per tutti. Alla vigilia del Consiglio nazionale del Pdl il celeberrimo motto dei tre moschettieri risuona come una promessa di lealtà lanciata verso Angelino Alfano e ribadita a chiare lettere in quasi tutte le dichiarazioni dettate dagli esponenti di primo e secondo piano del Pdl. Una sorta di offensiva dell’unità che ha come scopo quello di certificare il battesimo di una nuova era e comunicare all’esterno il messaggio di un nuovo inizio.
Oggi, infatti, il Popolo della libertà nell’Auditorium di via della Conciliazione - il luogo del «che fai mi cacci» finiano - prenderà atto che il rodaggio è finito, chiuderà la stagione delle quote di potere distribuite tra i vecchi soci (il 70 agli ex Forza Italia e 30 agli ex An) e affiderà ufficialmente i galloni di segretario politico a un quarantenne di ottime speranze come Angelino Alfano.
Un passaggio storico che arriva in un momento difficile, ovvero nel fatidico terzo anno di governo in cui negli ultimi diciotto anni tutte le maggioranze - sia di destra che di sinistra - hanno vacillato, talvolta implodendo, talvolta resistendo al vento contrario. Un punto di svolta (o di paralisi) nel quale è necessario disporre di un partito capace di fare il partito e di essere presente e riconoscibile sul territorio. Una missione che oggi Alfano cercherà di delineare nel suo intervento.
La scaletta prevede l’apertura dei lavori da parte di Silvio Berlusconi, l’illustrazione delle modifiche statutarie da parte del «Tavolo dei coordinatori», il voto per la formalizzazione del segretario, la relazione programmatica dello stesso Alfano, gli interventi degli iscritti ed eventualmente una replica del neosegretario.
Salvo cambiamenti dell’ultima ora, l’«Alfano day» avrà tempi strettissimi: inizio alle 10 e conclusioni nel primo pomeriggio. Il voto dovrebbe essere per alzata di cartellino degli oltre mille dirigenti ed eletti presenti in platea. Per ora, è previsto l’intervento anche dei coordinatori, Ignazio La Russa, Denis Verdini e Sandro Bondi. Gli organizzatori, intanto, continuano a lavorare a ritmo serrato per garantire un’ampia presenza. Dalle parti di via dell’Umiltà scommettono su un’affluenza del 90% visto che un 10% di assenze viene considerato fisiologico.
Difficile prevedere il clima che caratterizzerà il dibattito. Il gruppo dei «perplessi» - di cui fanno parte dirigenti di primo piano come Roberto Formigoni, Claudio Scajola, Gianni Alemanno, Andrea Augello e il fuoriuscito Gianfranco Miccichè - non ha ancora deciso se alzare la temperatura dell’Auditorium, chiedendo l’avvio immediato della stagione congressuale, l’adozione delle primarie e la creazione di una sorta di «direttorio» da affiancare al segretario. Il governatore della Lombardia - che ieri ha lanciato la proposta di organizzare «entro settembre» le primarie per scegliere tutti i segretari comunali, provinciali e regionali perché per essere credibili «serve un bagno di democrazia» - fa sapere che prenderà la parola. Scajola e Alemanno - che nelle ultime due settimane si sono tenuti in costante contatto - hanno riunito ieri sera i loro parlamentari ma non è ancora chiaro se presenteranno un ordine del giorno «pro-collegialità». Di certo da parte del dirigente di Imperia è stato apprezzato il segnale di attenzione arrivato nell’incontro di mercoledì con Berlusconi, Alfano e Verdini.
E non è escluso che di fronte a un appello del premier e a un segnale di attenzione verso le varie componenti da parte del neosegretario, i malumori possano restare chiusi in un cassetto. Per essere poi riproposti in un dibattito successivo.
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