La Russia di Zar Putin flette i muscoli e lo fa in modo spettacolare, facendo decollare formazioni di bombardieri a lungo raggio armati di missili e annunciando che d’ora in poi l’aviazione strategica manterrà costantemente in volo una parte dei suoi bombardieri.
A comunicarlo, con un moto di orgoglio nazionalista, è stato lo stesso presidente Vladimir Putin, che sta presenziando insieme al collega cinese Hu Jintao a una importante manovra militare. Circa 6.000 soldati, con aerei e mezzi corazzati, di Russia, Cina, Kazakhstan, Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan, sono in azione negli Urali. Si tratta di esercitazioni del cosiddetto «Gruppo dei sei» del Consiglio di cooperazione di Shangai, un’organizzazione che passo dopo passo sta diventando una sorta di Asean antiamericana e alla quale ha chiesto di essere ammesso nientemeno che l’Iran. E le manovre diventeranno in futuro regolari, su base annuale.
Mentre osservava l’esercitazione, Putin ha detto che 14 bombardieri strategici si sono alzati alla mezzanotte di ieri, partendo da sette diversi aeroporti, scortati da aerei da supporto e aviocisterne, e hanno compiuto una missione armata della durata di oltre 20 ore.
Putin ha aggiunto che questo tipo di voli era stato sospeso unilateralmente dalla Russia dal 1992, ma che «non tutti gli altri Paesi hanno seguito il nostro esempio, e quindi è giunto il momento di ripristinarli, anche perché i nostri piloti sono rimasti troppo a lungo in panchina».
Toni guasconi, compreso lo sfottò con il quale il presidente russo ha detto di augurarsi che questi voli di pattugliamento saranno accolti con comprensione dai partner internazionali.
Certamente Putin ha ottenuto ancora una volta un formidabile effetto mediatico e politico: le coppie di bombardieri rappresentano l’intera gamma dei velivoli strategici dell’aviazione russa: i grandi quadrimotori turboelica Tu-95Ms Bear, i veloci quadrigetti Tu- 160 Blackjack, i più piccoli Tu-22M Backfire. Erano lustri che non si vedeva una tale dimostrazione di forza. Sicuramente i piloti russi avranno bisogno di un po’ di tempo per riprendere un livello operativo sufficiente, per anni sono stati costretti a volare pochissimo, anche meno di 100 ore/anno, e comunque solo con missioni a breve o medio raggio.
Anche la struttura di supporto logistico sarà messa alla frusta, perché, considerando che i bombardieri pesanti in linea sono meno di un centinaio, e aggiungendo anche i più piccoli Tu- 22M, per mandare in volo tanti aerei simultaneamente e mantenere poi un pattugliamento costante occorrerà uno sforzo enorme, grandi quantità di pezzi di ricambio e carburante.
Questa nuova escalation arriva dopo che i bombardieri a lungo raggio russi hanno già compiuto missioni dimostrative volando verso l’Alaska, la Gran Bretagna e l’isola di Guam nel Pacifico. Ma quelle erano solo mosse di assaggio rispetto agli ultimi nuovi sviluppo.
La coreografica operazione, peraltro, non ha colto di sorpresa la Nato né gli Usa, i quali hanno tenuto d’occhio i bombardieri fin da prima del decollo, per poi seguirne le mosse con coppie di caccia decollati su allarme.
Il commento del dipartimento di Stato americano è stato quasi sarcastico: «Se i russi vogliono tirare fuori dalla naftalina qualche vecchio aereo facciano pure, la cosa sarà seguita con interesse».
Ma in realtà anche la difesa aerea occidentale, che per tre lustri si è potuta rilassare, dovrà scrollare la naftalina dalle ali dei (pochi) caccia disponibili e riprendere procedure di allarme e sorveglianza, ridotte nel tempo a ben poca cosa. Meno male che la minaccia del terrorismo aereo ha svegliato generali e governi.
Putin, con queste mosse ad effetto, vuole mostrare che la Russia è di nuovo una potenza militare e può permettersi di spendere soldi per la sua macchina militare. Ecco quindi gli investimenti nel sistema nazionale di difesa antiaerea e antimissile, l’invio di minisottomarini al polo, le polemiche sullo scudo antimissile Usa, la denuncia dei trattati sulla riduzione degli armamenti convenzionali, le provocazioni verso la Georgia.
Certo, ci vuole ben altro per riportare la Russia nel novero delle vere potenze militari, ma Mosca si sta dando da fare e contemporaneamente gioca bene le sue carte sul piano internazionale. A partire dall’avvicinamento strategico e militare alla Cina.
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