Ora Berlusconi vuol rivoluzionare il Pdl Ma Bossi: "Difficile andare avanti così"

Berlusconi deciso: presto alle urne. Il premier è scontento del partito e medita di sostituire i vertici con Alfano, Gelmini e Meloni. Ma la dura reazione di La Russa e Verdini blocca l’operazion. Intanto cresce l’ala "movimentista". Bossi: "Noi e il Pdl spazziamo via tutti"

Ora Berlusconi vuol rivoluzionare il Pdl 
Ma Bossi: "Difficile andare avanti così"

Roma - Da oggi si fa sul serio. Al punto che nei due vertici pomeridiani di Palazzo Grazioli Berlusconi riesce quasi a non pronunciare affatto le due paroline magiche ripetute per giorni come un mantra: «Elezioni anticipate». Anzi, arriva perfino a spargere ottimismo e la speranza che alla fine non si tornerà a votare. La butta lì, perché sa bene che l’umore di riunioni del genere finisce poi su agenzie di stampa, quotidiani e tv. E visto che la crisi di governo gli appare ormai inevitabile, ora che la mozione di sfiducia a Caliendo è archiviata è bene dare una decisa sterzata. Insomma, basta alzare i toni sulle elezioni. Altrimenti, è il senso del ragionamento del premier, passa l’idea che sia io a volerle a tutti i costi mentre la responsabilità di quanto sta accadendo è solo di Fini. Verso il quale nelle ultime ore - tra conversazioni private e riunioni a porte chiuse - Berlusconi ha toni durissimi: è nervoso perché sa che uscirà altra roba e che alla fine sarà costretto a dimettersi. Cosa che, avrebbe detto il premier, già doveva aver fatto seguendo l’esempio di Scajola.

Lo scontro finale, insomma, è ormai alle porte e l’unica vera incognita è sui tempi. Con le ostilità sospese per necessità almeno fino a l’8 settembre, quando riaprirà la Camera. Ed è per questo che il Cavaliere ha deciso di dedicare la pausa estiva alla riorganizzazione del partito, tanto da congedare i presenti con un «ci vediamo dopo Ferragosto». Un lavoro complesso, se già ieri s’è registrata più di una tensione quando il premier ha messo sul tavolo l’ipotesi di un cambio dei tre coordinatori con il ticket Alfano-Gelmini-Meloni. Un cambio che Berlusconi era più che deciso a fare perché è ormai da tempo che è scontento della gestione del partito e pure gli ultimi sondaggi gli hanno confermato che i tre non sarebbero amatissimi dall’elettorato di centrodestra. Apriti cielo, perché tanto ha urlato La Russa che alla fine il premier avrebbe provato a ripiegare: lasciamo Ignazio e sostituiamo gli altri. A quel punto è stato Verdini a farsi sentire e così Berlusconi ha deciso di aggiornare la pratica. Compresa quella del cambio Lupi-Cicchitto al vertice del gruppo della Camera. Anche se non ha mancato di chiedere ad alcuni dei presenti più disponibilità verso i colleghi di partito: anche io lascio inevase 50 telefonate al giorno, ma a sera prima di andare a letto richiamo tutti e sento cosa avevano da dirmi.

Nel dettaglio di come si dovrà articolare il Pdl sul territorio si discute invece nella seconda riunione, presenti tra gli altri Verdini, Meloni, Brambilla, Valducci, Lorenzin, Mantovani, Napoli, Lollobrigida e Rossi. L’idea è quella di un partito all’americana sul modello di Obama con un comitato elettorale in tutte le 60mila sezioni elettorali del Paese. Ognuno composto da tre persone - per un totale di 180mila - che avranno il compito di fare da interfaccia tra partito e territorio. Presente anche la new entry Francesco Polidori, meglio noto come Mr. Cepu, che ha portato al premier uno studio statistico su come il partito dovrebbe organizzarsi sul territorio e impiegare le sue sezioni e che dice di essere pronto a mettere a disposizione del Pdl le 120 sedi Cepu sparse in Italia.

Il Cavaliere, dunque, è pronto alla svolta movimentista. Nella convinzione che la campagna elettorale sia ormai alle porte. Non è un caso, infatti, la presenza a via del Plebiscito del senatore Mantovani, responsabile dei 120mila «difensori del voto» che hanno il compito di presidiare i seggi per scongiurare brogli.

Su come si arriverà alla crisi, invece, scenari ancora aperti. Durante il primo vertice si sono studiati attentamente i provvedimenti in discussione e il programma di governo visto che i finiani continuano a ripetere che voteranno con la maggioranza tutti gli impegni presi con gli elettori.

E nel programma di legislatura c’è pure il processo breve, peraltro già approvato al Senato con i voti dei finiani, e in arrivo alla Camera. Possibile che sia proprio quello il banco di prova per vedere - avrebbe detto il Cavaliere - se Fini ha davvero le palle.

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