Ora il Cavaliere e il Senatùr mettono alle strette Giulio

Roma«Finirà che uno lo tiene e l’altro lo mena». La previsione, decisamente colorita, è di un ministro molto vicino al Cavaliere, più che mai convinto che la riunione su manovra e riforma fiscale in programma oggi a Palazzo Grazioli non sia destinata a finire tra baci e abbracci. Con Silvio Berlusconi e Umberto Bossi nei ruoli - peraltro intercambiabili - dell’«uno» e dell’«altro» e Giulio Tremonti decisamente nell’occhio del ciclone.
Già, perché se il Cavaliere decide di rimbalzare per buona parte della giornata le telefonate che arrivano ad Arcore da via XX settembre, la segreteria politica della Lega che si tiene a via Bellerio boccia senza troppi complimenti la bozza di manovra butta giù da Tremonti. Tanto da considerarla quasi «irricevibile». E sono due i punti che proprio al Carroccio non vanno: l’ipotesi di ulteriori tagli per i Comuni (e quindi il fatto che non dovrebbero esserci modifiche al patto di stabilità) e l’idea per il futuro di un allungamento dell’età pensionabile.
A via del Plebiscito, insomma, si rischia davvero di arrivare al redde rationem. Anche perché Berlusconi non ha affatto gradito che per l’ennesima volta Tremonti non abbia fornito che generiche linee guida. «Come al solito», per dirla con le parole del premier. E che insista sul rimandare l’entrate in vigore della riforma fiscale in avanti mentre il premier non sembra intenzionato a cedere sulla contestualità tra manovra correttiva e nuova regolamentazione tributaria. Non è un caso che dopo lo sfogo di Guido Crosetto («Vorrei non pensasse di essere Dio e avere solo lui la verità», ribadiva ieri) continuino i mal di pancia nel Pdl, tanto che il deputato Giuseppe Moles accusa il titolare dell’Economia di avere «una linea demagogica e populista» mentre il ministro Gianfranco Rotondi lo invita a «non cavalcare l’anti-casta». E oggi toccherà ad Antonio Martino, uno dei padri di Forza Italia, rincarare la dose con un editoriale sul Il Tempo.
La partita, dunque, dovrebbe davvero giocarsi quasi tutta oggi. Con il format che è stato modificato in corsa, forse per cercare l’ultima mediazione. In via del Plebiscito, infatti, non si inizierà con la prevista riunione allargata ai colonnelli della Lega, ai vertici del Pdl e ai rappresentanti dei Responsabili, ma con un summit a tre Berlusconi, Bossi, Tremonti. D’altra parte, diceva ieri in privato e con un certo sarcasmo il ministro dell’Economia, «la maggior parte si erano autoinvitati» e «in certe discussioni la competenza non è certo un dettaglio».
I tre, insomma, proveranno a tirare le somme. Per poi fare il punto con gli altri in una riunione successiva. Anche se ieri a tarda sera da più parti girava la voce di un possibile incontro nel pomeriggio di oggi tra Tremonti e tutti i ministri a Palazzo Chigi. Che, se davvero dovesse tenersi, rischierebbe di avere effetti più devastanti del confessionale del Grande Fratello visto che non c’è un membro del governo che sia disponibile a sostenere il titolare di via XX Settembre. Anzi, l’insofferenza ha ormai raggiunto livelli di guardia. E il rischio dell’effetto Colosseo è alto. Anche perché ormai i tempi sono quelli che sono visto che la manovra correttiva dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri giovedì (probabilmente insieme alla legge delega sulla riforma fiscale, anche se ieri c’era chi non escludeva uno slittamento alla prossima settimana). Certo, dalla sua Tremonti - chissà fino a che punto indebolito dalle dimissioni del suo braccio destro Marco Milanese per la vicenda P4 - continua ad avere il difficile scenario internazionale, la crisi della Grecia e il warning di Moody’s.

Insomma, non ha tutti torti il vicecapogruppo del Pdl alla Camera Osvaldo Napoli quando dice che «si dimettesse adesso Tremonti il governo avrebbe probabilmente vita breve» perché «viste le tante tensioni che ci sono sarebbe difficile reggere anche questa».

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